Il presidente Zaia «Basta poco per chiudere sono fiducioso»
Zaia: «D’accordo al 70%, ora ci vuole la volontà politica»
«Adesso la bozza c’è ed è una bozza importante, in linea con le aspettative nostre e del governo. La data del 15 febbraio era stata indicata dal premier Conte per la chiusura dei tavoli tecnici ed è esattamente quel che è avvenuto: è stato trovato l’accordo anche sulla norma finanziaria, che a noi, così come è stata discussa al ministero dell’Economia, va bene. Ora non ci resta che superare le ultime criticità: se si risolvono la firma si fa, siamo all’ultimo miglio».
Il governatore Luca Zaia ieri ha preferito non scendere a Roma: resta guardingo (e non potrebbe essere altrimenti, vista la marea di proteste montante dal Sud) ma allo stesso tempo, fedele al motto secondo cui «solo i pessimisti non fanno fortuna», si professa ottimista per il prosieguo dell’iter della riforma. Dopo 8 mesi di trattative, con l’ultima bozza, quella portata dal ministro degli Affari regionali Erika Stefani in Consiglio dei ministri, «siamo al 70% dell’accoglimento delle nostre richieste». Certo «vanno ancora risolte delle criticità ma non mi preoccupo perché abbiamo lo spazio per trattare ancora. Del resto sapevamo dal primo giorno che non sarebbe stata una passeggiata».
I nodi irrisolti si riferiscono sempre nelle stesse materie, che afferiscono, come ormai è noto, a quattro ministeri pentastellati: Sanità, Infrastrutture, Ambiente e Beni Culturali. Ma proseguire all’infinito il confronto tra i tecnici, a questo punto, non avrebbe più senso: là dove le burocrazie potevano trovare un accordo, questo è stato trovato. «La fase tecnica è finita, adesso la questione è tutta politica - ammette lo stesso Zaia -. Se c’è la volontà di chiudere, si chiude. Se non c’è, allora non si va da nessuna parte, ma vorrà dire che si va verso una visione conservatrice di questo Paese, e la storia ci punirà, perché il futuro è comunque il federalismo, l’autonomia e la responsabilità».
Dato per scontato l’appoggio del vicepremier Matteo Salvini e della Lega tutta (anche quella «sudista» di Noi con Salvini) Zaia non fa mistero di vedere nel premier Giuseppe Conte una fondamentale figura di garanzia rispetto alle rivendicazioni del Movimento Cinque Stelle, stretto tra il «contratto», che esplicitamente prevede le autonomie tra i punti da realizzare entro la fine della legislatura e il consenso di cui gode nel Mezzogiorno, dove la tensione si fa ogni giorno più palpabile e cresce il rischio di perdere altri voti, dopo la batosta già patita in Abruzzo. «Immagino che il Consiglio dei ministri esaminerà la bozza, faranno la lista dei punti nevralgici e poi sarà il presidente del Consiglio ad affrontare one-to-one i singoli governatori e le singole partite. Perché ricordo che le tre intese (oltre al Veneto ci sono Lombardia ed Emilia Romagna, ndr.) non sono perfettamente sovrapponibili, ognuno chiede le funzioni più confacenti alla sua realtà».
Quanto durerà questa seconda fase della trattativa, con Conte? «Immagino qualche giorno - allarga le braccia Zaia -. La vera pietra miliare è l’uscita dal Consiglio dei ministri e la firma dell’intesa, dopodiché affronteremo il passaggio parlamentare».
Tra Camera e Senato le truppe del Sud (ma ce ne sono anche del Centro) si stanno organizzando per fare muro contro la «secessione dei ricchi». «È logico che il travaglio sia importante - concede Zaia - e noi siamo pronti a chiarire tutto, ma non possiamo accettare che si dica che questa è “la secessione dei ricchi”. La norma finanziaria ricalca esattamente il percorso attuato nel 1972 quando si decise di spogliare la Regione Trentino-Alto Adige delle competenze e di darle alle due Province autonome. I parlamentari non sono convinti? Fermo restando che “la tua libertà finisce dove inizia la mia”, e i veneti hanno celebrato un referendum, se qualcuno nella maggioranza è dubbioso avrebbe fatto meglio a leggersi bene il programma quando si è candidato, perché nel programma c’è scritto che si deve fare l’autonomia, è stato ribadito nel contratto e Lega e Cinque Stelle si sono sempre detti favorevoli».
Infine, una stoccata al collega campano Vincenzo De Luca, che ha chiamato a raccolta i governatori del Centro-Sud e sta guidando il «nuovo Risorgimento»: «Non posso tollerare che porti avanti una battaglia non per chiedere più autonomia per la sua Regione ma per toglierla a chi invece la vorrebbe... significa che il Sud ha scelto l’assistenzialismo ma allora se è così, abbiano perlomeno il coraggio di dirlo apertamente».