Corriere di Verona

«Gheddafi» resta in silenzio Il fratello respinge le accuse

Udienza di convalida per Domenico Multari Il fratello Carmine respinge ogni accusa

- Centin

Davanti al giudice si è trincerato dietro il silenzio, Domenico «Gheddafi» Multari , definito dal pentito Angelo Salvatore Cortese «punto di riferiment­o dei ‘ndrangheti­sti veneti». Il fratello Carmine respinge le accuse.

Si è trincerato dietro VENEZIA un muro di silenzio, Domenico «Gheddafi» Multari , definito dal pentito Angelo Salvatore Cortese «punto di riferiment­o dei ‘ndrangheti­sti veneti». Comparso ieri davanti al giudice per l’interrogat­orio di convalida, ha scelto di non parlare in merito alle pesanti accuse mosse dalla Dda di Venezia che lo accusa di una serie di aggression­i e minacce aggravate dal metodo mafioso. Assistito dall’avvocato Paolo Mele di Vicenza, il 58enne di Zimella ha incontrato il giudice in carcere a Belluno, dove è stato trasferito su ordine della procura distrettua­le antimafia lunedì notte, prelevato dalla sua villa nel Veronese dai carabinier­i del Ros di Padova. Non è escluso che possa chiedere, in futuro, di essere però sentito dalla procura.

Per l’accusa è il riferiment­o di una famiglia mafiosa da trent’anni in Veneto, che sarebbe riuscita non solo a infiltrars­i nelle aziende fino a spolparle, riducendo sul lastrico diversi imprendito­ri, ma - soprattutt­o - avrebbe saputo Sotto la lente La casa dove vive la famiglia Multari a Zimella ricreare nel piccolo paese di Zimella quelle dinamiche da «feudo» ‘ndrangheti­sta tipiche di alcune zone della Calabria, con il boss che viene chiamato a vigilare sui «forestieri» e a dirimere le beghe tra vicini di casa.

Con lui sono state arrestate altre sei persone, accusate a vario titolo di reati che vanno dall’estorsione alla violenza, dal trasferime­nto fraudolent­o di valori alla resistenza, fino all’incendio e alla tentata frode processual­e. Tra gli arrestati il figlio Antonio, 24 anni, ai domiciliar­i, che verrà interrogat­o lunedì dal giudice di Verona, e il fratello Carmine di Lonigo, sentito ieri in carcere a Vicenza dove è recluso.

Di fronte al giudice Barbara Maria Trenti, Carmine Multari ha respinto l’accusa di aver usato «aggression­i verbali e atteggiame­nti minacciosi, avvalendos­i della forza intimidatr­ice di appartenen­za alla cosca Dragone» verso il custode giudiziale incaricato della vendita della villa di Domenico, di un agente immobiliar­e e di un aspirante acquirente. «Nessuna minaccia – la versione di Carmine Multari, anche lui difeso dall’avvocato Paolo Mele - ho visto mia cognata e mia nipote in difficoltà, con la necessità di cambiarsi gli abiti da casa senza però che venisse dato loro il tempo, e ho chiesto ai presenti di identifica­rsi, di fornirmi i documenti».

‘Ndrangheta Secondo l’accusa «Gheddafi» è il riferiment­o di una famiglia malavitosa

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