Corriere di Verona

Aiuto concreto ai bambini che rischiano la cecità

- Davide Orsato

È una delle VERONA diagnosi che un genitore teme di più. «Suo figlio rischia di perdere la vista». Può avvenire per diverse ragioni, dalle malattie genetiche alla lesioni di un nervo ottico. Patologie che la clinica oculistica di Borgo Trento conosce bene: il suo servizio di oftalmolog­ia pediatrica conta 350 pazienti in carica, tutti giovanissi­mi, ipovedenti o non vedenti. Ma non si tratta di un campione locale: due pazienti su cinque arrivano da fuori regione. Ma tutti portano con sé una serie di difficoltà che vanno oltre a quelle strettamen­te cliniche: dalla difficoltà nell’apprendime­nto, fino allo stress che comporta una lunga serie di interventi chirurgici, spesso necessari. Sono i motivi che hanno spinto un’associazio­ne che da molto tempo opera in ambito ospedalier­o, l’Anavi (Associazio­ne nati per vivere) assieme a Fondazione Cattolica, che ha finanziato l’iniziativa a provvedere a un servizio di supporto psicologic­o destinato alle famiglie dei piccoli pazienti. L’investimen­to è di 25 mila euro in due anni: «Si tratta di situazioni molto difficili — spiega Giorgio Marchini, direttore della clinica oculistica dell’Azienda ospedalier­a — che in tutti i casi richiedono, da parte dei bambini e delle loro famiglie, la capacità di resistere, tenere duro. Penso ad esempio a una nostra piccola paziente, che ha subito in poco tempo sette interventi. La madre aveva pensato di lasciar perdere, alla fine siamo riusciti a farle recuperare un po’ di vista». Una lotta che avviene sull’orlo di una diottria, o anche meno. «Spesso dobbiamo dire ai genitori — prosegue Marchini — che i loro figli resteranno, nonostante tutto, ipovedenti, che vedranno un decimo, o un ventesimo. Ma questo piccolo margine può fare un’enorme differenza. Mi sono commosso quando una bambina, che aveva sfiorato la cecità, ha detto ai genitori, dopo una visita: «Voglio avere gli occhiali dorati come quelli del dottore».

Un contesto che fa comprender­e come i livelli di assistenza garantiti dal sistema sanitario nazionale, non riescano a soddisfare tutti i bisogni di una famiglia con un figlio che scopre di essere un disabile visivo.

«Come altre patologie gravi — dice Adriano Tomba di Fondazione Cattolica — queste sono vera e proprie “bombe atomiche” che si abbattono su una famiglia. Ecco perché abbiamo scelto di essere vicini alle associazio­ni che si battono per dare una mano».

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