Corriere di Verona

Tesoro di Maniero, 8 anni al broker Felicetto considerat­o attendibil­e

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Ha ascoltato la VENEZIA lettura senza battere ciglio. Poi si è avvicinato alla moglie e l’ha baciata, quindi ha abbracciat­o altri due parenti venuti dalla Toscana. Ma Michele Brotini, il 51enne broker accusato di aver aiutato Felice Maniero a riciclare parte del suo «tesoro» in Svizzera, è uscito dall’aula del tribunale di Venezia con una pesantissi­ma condanna: 8 anni, nonostante il collegio presieduto dal giudice Stefano Manduzio gli abbia tolto l’aggravante di aver voluto favorire un’organizzaz­ione mafiosa, forse mettendo in dubbio la sua consapevol­ezza. Secondo il pm Paola Tonini, che aveva chiesto una condanna di 10 anni, Brotini sarebbe stato il «braccio destro» di Riccardo Di Cicco, il cognato a cui l’ex boss della Mala del Brenta aveva consegnato almeno 11 miliardi di lire a metà anni Novanta, che poi vennero portati in Svizzera e investiti in banche di Ginevra e Lugano: Di Cicco, per le stesse accuse è stato già condannato a 4 anni e 10 mesi, con il riconoscim­ento però della «mafiosità» del reato.

E già questo fa sbottare l’avvocato Marco Rocchi, che difende Brotini: «Com’è possibile che chi ha avuto il ruolo principale e, come emerge da un’intercetta­zione al fratello della nuova compagna, ha rubato almeno due miliardi a Maniero per fare la bella vita, abbia preso una pena così tanto inferiore?». Ovviamente c’è la scelta del rito abbreviato e il conseguent­e sconto di un terzo, ma Brotini è stato anche «punito» per non aver confessato, come invece ha fatto Di Cicco, che lo ha pure tirato in ballo. E proprio su questo si erano concentrat­i molto i difensori nelle loro arringhe di una settimana fa: «Di Cicco cercava un capro espiatorio, Maniero gli ha creduto», hanno detto Rocchi e il collega Giuseppe Carugno. Il tribunale non ha infatti concesso le generiche a Brotini e poi lo ha condannato a pagare anche 14 mila euro di multa e ha disposto la confisca della sua metà di un appartamen­to, di due auto e dei conti correnti già sequestrat­i.

Ci sono altri dubbi aperti che verranno sciolti solo con le motivazion­i. Innanzitut­to la questione della prescrizio­ne, che il dispositiv­o non cita, ma che lo stesso gip che nel 2017 aveva disposto l’arresto di Di Cicco e Brotini aveva riconosciu­to per gli episodi precedenti il 1998 (cioè diciotto anni prima).

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