Corriere di Verona

Il clan, il monsignore e il giallo dei soldi dell’Est

- A.Pri.

L’indagato Nessuno mi controller­à: quando entro accompagna­to dal monsignore tutti si mettono sull’attenti

Tra le pieghe della maxi VENEZIA inchiesta sui Casalesi di Eraclea spunta il giallo delle vecchie banconote della Ddr, la Repubblica Democratic­a Tedesca: quella fetta di Germania che fino al 1990 fu sottoposta all’influenza dell’Unione Sovietica.

Stando a quanto ricostruit­o dagli investigat­ori, Pietro Morabito (uno degli indagati) nel luglio del 2011 propose al boss Luciano Donadio di riciclare interi bancali di marchi della Ddr che - non si sa bene come erano finiti nelle disponibil­ità di alcuni malavitosi campani. L’idea era di cambiarli con valuta attuale, attraverso quindi un’operazione di riciclaggi­o che doveva avvalersi della collaboraz­ione di un ex funzionari­o di banca che vantava buoni contatti in Austria.

Il primo carico di denaro venne scoperto dalla guardia di finanza a San Donà di Piave: Morabito fu fermato con un trolley che conteneva qualcosa come duecentomi­la marchi dell’ex Germania dell’Est.

Nel giugno del 2012, per smerciare altre banconote fuoricorso si ricorre perfino a un misterioso prelato collegato al Vaticano, al quale sarebbe stato affidato un ruolo nel piano della banda. In ballo, c’era un nuovo carico di banconote dell’ex Ddr: «Quattromil­a fogli» che secondo Morabito potevano essere venduti «a dieci euro l’uno entro pochi giorni».

Una settimana dopo, Donadio si vede consegnare il denaro fuoricorso. «Sono 4.150 pezzi» assicura Morabito, intercetta­to. Ed è a questo punto che nell’affare si inserisce Samuele Faè, l’imprendito­re di Caorle che è tra le vittime del broker Fabio Gaiatto, a cui aveva affidato nove milioni di euro. Ora è indagato per aver aiutato i Casalesi a spostare i soldi in banche estere. Il boss, infatti, consegna le banconote a Faè che «doveva monetizzar­e presso lo Stato del Vaticano», annota il gip nell’ordinanza di arresto. L’imprendito­re spiega a Donadio che avrebbe portato i soldi in «Storione San Nicolò 5, Vaticano». E quando Donadio gli chiede «Se ti vedono quando entri là dentro?», lui non fa una piega: «Chi se ne frega: io entro accompagna­to da monsignor Momona, si mettono sull’attenti».

In effetti proprio accanto ai confini del Vaticano c’è «via Nicolò Quinto» dove hanno sede diversi palazzi frequentat­i dalla curia, come il Pontificio Collegio Portoghese. Impossibil­e sapere chi sia quel monsignore e quale fosse il suo ruolo nell’operazione illecita. Anche perché la cessione delle banconote non andò buon fine: a quanto pare la trattativa saltò perché il cliente offrì meno soldi di quanto concordato.

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In ComuneLa guardia di finanza di fronte al municipio di Eraclea. Nel tondo, uno degli arrestati viene prelevato dalla sua abitazione
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