«Pronto a fuggire con due chili di preziosi rubati a Verona»
Era «pronto a varcare i confini e lasciare l’Italia» l’albanese 27enne Gjon Gjoka, fermato al casello da polizia e carabinieri oltre due chili d’oro, frutto di furti e rapine tra cui quella ai coniugi Girardi.
Era pronto a varcare i confini e lasciare l’Italia. E oltre a far perdere le proprie tracce avrebbe portato all’estero anche il vero e proprio tesoro che teneva ben nascosto nell’inseparabile zaino in spalla e dentro borsoni e valigie nel bagagliaio. Ad acciuffarlo con un’autentica task force in atto da giorni, ci hanno pensato domenica al casello di Verona Est gli agenti della Squadra mobile della Questura e i carabinieri della Compagnia di Villafranca. Con il fermo dell’albanese 27enne Gjon Gjoka, sono stati recuperati oltre due chili di oro, interamente provento di furti e rapine commessi tra Verona e provincia: lo zaino era zeppo di monili oltre a 5 mila euro in contanti, mentre dalle valigie è spuntata altra refurtiva, tra cui decine di anelli, bracciali, orecchini oltre a costosi orologi di lusso. Ieri, dagli investigatori è stato rivolto un appello a chi avesse subito reati predatori nelle ultime settimane: ad aver invece già riconosciuto parte dei gioielli recuperati, come anticipato dal Corriere di Verona nell’edizione di due giorni fa, sono stati l’avvocato Giovanni Girardi e la moglie Rita Anna Brunelli, i cui preziosi vennero razziati la notte del 25 luglio nella loro villetta al civico 20 di via Quarto Ponte, al confine tra Borgo Milano e il Saval. «I malviventi - spiega il gip Luciano Gorra nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere di Gjoka, accusato di ricettazione, lesioni e resistenza - travisati e armati di coltello, erano penetrati all’interno della villetta unifamiliare dei coniugi Girardi dopo aver segato le sbarre di una inferriata posta a protezione di una finestra, avevano immobilizzano le persone offese con nastro telato alla bocca e delle fasce da elettricista ai polsi, minacciandole di morte, e avevano sottratto 80 mila euro in denaro contante nonché gioielli e orologi di valore di proprietà delle vittime e di loro parenti stretti, custoditi in una cassaforte, sventrata con un flessibile, procurando un danno di importo non inferiore a 255 mila euro». Indagando su quella efferata rapina ai danni due settantenni, gli investigatori erano stati insospettiti da una Fiat Croma, vista a un chilometro di distanza in Borgo Milano. Insolito era il modello e anche il fatto che risultasse intestata a un uomo residente in Trentino Alto Adige. Da subito, sono scattati attraverso il Gps i monitoraggi della vettura sospetta finché giovedì scorso il conducente della Fiat Croma è stato visto appartarsi in una zona rurale di Montorio. Con un sopralluogo congiunto, militari e poliziotti hanno trovato occultati tra i cespugli una serie di oggetti riconducibili a furti e rapine: capi d’abbigliamento scuri, torce elettriche, fascette di plastica, guanti. Domenica,sempre in zona Montorio, hanno visto lo stesso individuo caricare borsoni e valigie in auto, facendo sospettare una imminente partenza. E infatti si è subito diretto verso il casello autostradale di Verona Est, dove ad attenderlo ha trovato gli uomini dell’Arma e della Questura. Disperatamente
ha tentato di scappare tamponandoli e colpendo a calci e pugni (5 i giorni di prognosi riscontrati) un agente e un carabiniere. «Ero preso dal panico, non so da dove provenissero gli ori, dovevo solo trasportarli a Desenzano in cambio di 500 euro», si è giustificato mercoledì l’albanese durante nell’interrogatorio. Ma il gip non gli
ha creduto e lo ha lasciato in cella per i «gravi indizi di colpevolezza» e per l’«indole violenta», ritenendolo «soggetto dedito in modo continuativo a delitti contro il patrimonio, tra cui trae evidentemente la fonte esclusiva del proprio sostentamento».