Cangrande e la costa di piazza Erbe Il Dna per svelare gli ultimi misteri
I «misteri» Gruppo dell’università al lavoro
Potrà un esame del Dna fare luce sulla morte di Cangrande? E potrà chiarire a che animale appartiene la costa di piazza Erbe? Due «misteri» che potrebbero venire risolti dal gruppo dell’Università guidato dal professor Massimo Delledonne.
Potrà un esame del Dna fare luce sulla morte, da sempre misteriosa di Cangrande della Scala? E potrà, finalmente, chiarire a che razza di animale appartiene la costa sospesa tra piazza delle Erbe e piazza dei Signori? Due grandi «misteri» veronesi che potrebbero venire risolti nel giro di pochi mesi, grazie alla genetica. Il gruppo di ricerca sarà quello dell’Università di Verona, guidato dal professor Massimo Delledonne, lo stesso dietro ai primi sequenziamenti del dna negli scorsi anni, iniziate in ambito agrotecnico (l’uva corvina, il vialone nano) e proseguite sugli esseri umani, a scopo di prevenzione (prima dell’infarto, poi di altre malattie). Dopo le ricerche sul campo (nelle grotte carsiche e nelle foreste pluviali) mancavano, per l’appunto i personaggi storici. E da dove iniziare se non da Cangrande, il veronese di maggior successo della storia, colui che per poco non fu «re d’Italia» come ipotizzavano i suoi contemporanei?
L’idea di mettere le mani sul patrimonio genetico del condottiero circolava da tempo. Serviva però un sì dal Museo di Storia Naturale, custode delle spoglie mortali dell’esponente degli Scaligeri. Ed è arrivato, con tanto di finanziamento da parte di Palazzo Barbieri che metterà nel progetto 13 mila euro. La parte operativa è attesa per fine anno: verrà effettuato un prelievo dalla «mummia» di Cangrande per consentire la lettura del Dna. Il tutto senza una particolare tesi da dimostrare: ogni informazione che arriverà sarà una sorpresa. C’è però, un’ambizione: quella di fare luce, una volta per tutte, sulla morte del Signore di Verona, avvenuta improvvisamente a 38 anni nel vescovado di Treviso, mentre era reduce da una vittoriosa campagna militare.
Il precedente tentativo risale al 2004, quando venne effettuata un’autopsia «con tutti i crismi», una vera e propria indagine scientifica. Allora si scoprì che la causa del decesso fu l’assunzione, forse in un infuso accompagnato da camomilla, della digitale purpurea, famigerato veleno che può portare all’arresto cardiaco.
Tuttavia, la stessa digitale veniva utilizzata in passato anche come farmaco: occorreva, naturalmente, prestare estrema attenzione alle dosi. E proprio su questo punto, l’esame del Dna potrà rivelarsi dirimente: facendo emergere, ad esempio, se Cangrande soffriva di qualche malattia che giustificasse la somministrazione della digitale.
La task force che svolgerà lo studio (rafforzata anche dai ricercatori del Museo di Storia Naturale) punta ad avere tutti i risultati per il 2021: anno del grande anniversario dantesco (700 anni dalla morte): Cangrande fu mecenate di Dante, a lui fu dedicato il Paradiso. E chissà se l’analisi del Dna non aiuterà a fare luce sulle origini di colui che Dante definiva, nella stessa Cantica «il gran lombardo», cioè discendente dei longobardi. Ma non è tutto: la convenzione con il Comune consentirà ai ricercatori anche di «bucare» il famoso osso appeso sotto l’arco che congiunge due piazza per capire da dove arriva. Sarà davvero di una balena? Oppure si tratta, secondo un’altra tesi, di un animale estinto, un rettile marino preistorico?. A mesi, dovrebbe avvenire il prelievo, con l’aiuto dei vigili del fuoco.
«Siamo eccitatissimi — afferma Massimo Delledonne — la genetica ha dimostrato di essere una preziosa alleata degli storici e sono in corso studi estremamente interessati su corpi restituiti di recente dai ghiacci, tra questi quelli di uomini di Neanderthal. Siamo felici che l’università possa fare la sua parte per scoprire i misteri del patrimonio culturale cittadino, contribuendo così a valorizzarlo».
Il professor Dalledonne La genetica si è rivelata una preziosa alleata della ricerca storica