Calenda se ne va, ecco chi può seguirlo
Carlo Calenda, capolista del Pd in Veneto alle ultime Europee, lascia la direzione nazionale del partito con una lunga lettera al segretario Nicola Zingaretti e al presidente Paolo Gentiloni, lettera che sempre preludere ad un suo addio definitivo non soltanto all’organismo di vertice ma allo stesso Partito Democratico. «Dal giorno della mia iscrizione ho chiarito che non sarei rimasto in caso di un accordo con il M5S. La ragione è semplice: penso che in democrazia si possano, e talvolta si debbano, fare accordi con chi ha idee diverse, ma mai con chi ha valori opposti. Questo è il caso del M5S». L’ex ministro dello Sviluppo economico fu candidato come capolista a Nordest dai dem (non senza mugugni) perché considerato capace di incarnare quel moderatismo utile a intercettare il voto del ceto produttivo, contrastando l’ascesa della Lega. La scelta, nonostante il trionfo del Carroccio, fu tutto sommato azzeccata: Calenda ha infatti ottenuto nella nostra regione 120.746 preferenze (278.531 nella circoscrizione Nordest), secondo solo a Salvini (306.166, 551.811 a Nordest). Ora tra i dem c’è chi gli rinfaccia di non rinunciare alla poltrona a Bruxelles conquistata col Pd ma va detto che le Europee sono, per l’appunto, un’elezione a preferenza ed il 26 maggio scorso buona parte della dirigenza veneta del partito si spese per l’ex sindaco di Vicenza Achille Variati, non per l’ex ministro. Si vedrà ora se Calenda darà vita ad un nuovo partito lib-dem. In Veneto la sua rete, «Siamo Europei», è ramificata e attiva da tempo (lui stesso l’ha riunita un paio di volte quest’estate) e può contare su nomi come i veneziani Arcangelo Boldrin, Alessandro Maggioni e Alessio Vianello, l’ex sindaco di Treviso Giovanni Manildo, l’assessore padovano Antonio Bressa (che però ha sposato la causa del governo giallorosso), il sindaco di Rubano Sabrina Doni.