La Mare Jonio salva il «gommone dei bimbi» ma Salvini non vuole che sbarchino in Italia
Colpo di coda del ministro uscente. L’appello: «Trenta e Toninelli non firmino»
dei bambini, l’hanno chiamato. «Una scena pazzesca e un salvataggio difficilissimo» racconta Mario Pozzan. Mestrino, 23 anni, studente di giurisprudenza ed insieme al capomissione Luca Casarini, pure lui mestrino, e Stefano Caselli, infermiere professionale bellunese che è coordinatore del team medico-sanitario, è nel poker veneto dell’ultima missione di «search and rescue» della Mare Jonio. «Quasi cento persone in un gommone di Beppe Caccia nove metri al massimo. È stato difficilissimo distribuire i giubbotti di salvataggio e organizzare le operazioni di trasbordo in sicurezza, per far sì che i bambini non venissero schiacciati», riferisce. Da due notti l’imbarcazione vagava, i bambini erano in ipotermia e disidratati, uomini e donne avevano le tipiche ustioni causate dalla mistura di acqua salata e benzina del motore.
«Le donne hanno raccontato di essere tutte state stuprate nei centri di detenzione libici. Gli uomini ci hanno mostrato i segni delle torture – riferisce Pozzan –. Avevano ancora negli occhi il terrore per quanto accaduto qualche ora prima: sei compagni di viaggio spariti dopo essere scaduti fuoribordo o essere stati buttati in mare, non è chiaro». La Guardia Costiera italiana ha chiesto al Viminale che venisse assegnato un porto di sbarco sicuro alla Mare Jonio. Ma il ministro dell’Interno uscente Matteo Salvini ha ritenuto un pericolo per la sicurezza la presenza di donne, bambini e uomini e ha firmato il decreto di esclusione dalle acque territoriali italiane. Si è così dispiegata l’attività diplomatica dietro e davanti le quinte nel milieu politico della nuova maggioranza giallorossa al governo, con autorevoli esponenti veneti del Pd impegnati a persuadere il M5s affinché il ministro uscente alle Infrastrutture Danilo Toninelli e la collega alla Difesa Elisabetta Luca Casarini