Shani, un genio di 30 anni «Un concerto è eterno»
A lui l’inaugurazione del 5 settembre al Filarmonico
Ha solo 30 anni Lahav Shani, eppure il suo nome risuona già sui podi di tutto il mondo. Nato a Tel Aviv, gemma della Hochschule für Musik Hanns Eisler di Berlino, allievo dei maestri Fabio Bidini (per il pianoforte) e Christian Ehwald (per la direzione d’orchestra), dopo solo cinque anni dalla vittoria al Gustav Mahler International Conducting Competition di Bamberga (nel 2013) viene designato direttore principale della Rotterdam Philharmonic Orchestra.
Il più giovane nella storia di quell’orchestra. Ma i suoi primati non finiscono qui, perché, come annunciato a gennaio 2018, a partire dalla stagione 2020/2021, prenderà il posto di Zubin Metha alla guida della Israel Philharmonic Orchestra. La stessa orchestra in cui debuttò da pianista solista nel lontano 2007, mettendo in fila i primi passi di un percorso florido. Sarà sua la bacchetta che inaugurerà la stagione del «Settembre dell’Accademia», giovedì 5 settembre alle 20.30 al Teatro Filarmonico. «Mio padre, Michael Shani, è un direttore di coro. Quando ero piccolo, ho iniziato a prender lezioni di piano all’età di 6 anni con Hannah Shalgi e ho continuato a studiare pianoforte da Arie Vardi presso la Buchmann-Mehta School of Music di Tel Aviv. La musica ha sempre fatto parte della mia vita. Ricordo che mio padre mi portava alle prove e alle esibizioni della Israel Philharmonic — racconta Lahav Shani, come se suonare, per lui, fosse alla stregua di respirare —. Tel Aviv è un posto fantastico per crescere, musicalmente e artisticamente. Non solo abbiamo la Israel Philharmonic, ma anche musica da camera e orchestre da camera che si esibiscono costantemente, quasi ogni giorno. Mio padre si è assicurato che io avessi una vita musicale ricca e tutta di alta qualità». Sparge i meriti, il giovane Shani, senza dimenticare la Rotterdam Philharmonic Orchestra con cui giungerà presto a Verona: «Apprezzo molto di questa orchestra il fatto che non si siano legati a una precisa tradizione, come spesso succede in alcune orchestre rinomate, dove ci si deve attenere a uno stile preciso. Quando lavoriamo, ci preoccupiamo solo della musica ed è mia responsabilità garantire un’alta qualità».
Cosa contraddistingue una buona direzione orchestrale? «Non sono sicuro di come dovrebbe essere. Non mi chiedo neppure come sia la mia direzione... senza dubbio può capitare di assistere a concerti molto riusciti e sono momenti che restano impressi per sempre, ma non credo che esista la formula del concerto perfetto».
Quello che conta davvero , aggiunge, «è la coerenza dell’esperienza, un intimo senso di partecipazione e come il pubblico reagisce. Si cerca quindi di avvicinarsi a questo risultato ma, se si ottiene o meno, si capisce solo sul palcoscenico».
La riflessione
«Quello che conta davvero è la coerenza dell’esperienza, un intimo senso di partecipazione e come il pubblico reagisce»