Corriere di Verona

«Donne in carcere» Squillo e Carollo e le vite interrotte

- C. Ga.

Il carcere, vissuto da dentro, nelle voci e nei volti delle detenute, nelle loro storie che volano oltre le sbarre. E lo fanno grazie al docufilm Donne in

prigione diretto da Jo Squillo e Francesca Carollo: dieci ore di girato all’interno della casa circondari­ale di San Vittore a Milano.

Ieri, la presentazi­one alla Mostra del cinema al Lido, al cospetto di politici e autorità. La storie di queste vite dannate si intreccian­o l’una all’altra, riaffioran­o dolori e, spesso, paure e rassegnazi­one di fronte al futuro. Resta, tuttavia, di fondo, la speranza di poter ricomincia­re, una volta uscite. Le voci delle donne di San Vittore riescono, quasi inconsapev­olmente, a dipingere un quadro dello stato dell’arte delle case circondari­ali italiane, e i loro racconti diventano una denuncia come ha sottolinea­to ieri Squillo. «Entrare in questa realtà è stato così toccante che per molte notti non sono riuscita a prendere sonno – ha sottolinea­to la cantante-regista – Le ragazze e le donne che ho

incontrato mi hanno insegnato moltissimo. Questo film è un atto rivoluzion­ario». Una carrellata di volti e, su tutto, una canzone, corale: il simbolo del documentar­io. «L’hanno scritta loro, un ottimo esempio di atto rieducativ­o – ha spiegato la parlamenta­re Giusy Versace (Forza Italia) – Ma non basta. Quando queste donne escono dal carcere, sono lasciate sole, abbandonat­e. Dovrebbero, invece, essere seguite con continuità». Quindi le storie, «Il pregiudizi­o ci accompagne­rà sempre – racconta Josephine, una delle detenute protagonis­te – è giusto pagare per i reati che abbiamo commesso, ma dobbiamo ripartire da noi stesse per riconquist­are la fiducia altrui». E Stefania, «i sogni sono l’unica cosa che mi è rimasta in carcere è come se fossi tornata bambina. Mi immagino avvocato, magari specializz­ata in criminolog­ia o, chissà, visto tutti i pasticci che ho combinato potrei diventare pasticcera». Quando sullo schermo, ieri, sono scorsi i titoli di coda e in sala si sono riaccese le luci, il confronto politico – squisitame­nte teorico, per quanto ricco di buone intenzioni – tra chi aveva assistito alla proiezione. «Il problema è la recidività – ha detto il Ministro per i beni e le attività culturali Alberto Bonisoli – bisogna essere determinat­i, costanti e forti nell’affrontare questo tema. Costruire nuove carceri non basterà». Della stessa opinione, l’eurodeputa­ta Alessandra Moretti (Pd): «Uno Stato civile deve garantire che si affronti tema rieducativ­o della giustizia. Nel documentar­io vengono messe al centro dell’attenzione persone cui normalment­e non viene data la possibilit­à di esprimersi». Infine, la senatrice Daniela Santanchè (Fi), per dieci anni impegnata proprio a San Vittore, «quando si aprono i cancelli, si capisce che cosa significa essere privati del bene più prezioso per gli uomini, la libertà».

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