Corriere di Verona

L’«allarme» di Germano Il teatro è realtà virtuale contro le nuove schiavitù

- Camilla Gargioni

Si indossa il visore della realtà virtuale e ci si trova seduti in un teatro. Si sente una voce, ma sul palcosceni­co c’è soltanto un leggio, un paio di sedie e una bottiglia d’acqua in vetro. Si è costretti a girarsi, osservando i volti degli spettatori che ti stanno accanto, per trovare finalmente chi parla: è l’attore romano Elio Germano.

Il confine tra realtà e finzione è indistingu­ibile nella trasposizi­one in realtà virtuale, diretto dallo stesso Elio Germano insieme a Omar Rashid, dell’opera teatrale La mia battaglia, presentata ieri alle «Giornate degli Autori». «Se il teatro fosse una nave alla deriva e gli spettatori si ritrovasse­ro nella condizione di naufraghi su un’isola deserta cosa accadrebbe?» è l’inizio di un monologo che porta lo spettatore a dubitare di tutto il sistema di valori che lo circonda.

Segnale d’allarme è il titolo che viene dato alla trasposizi­one VR, quasi a indizio del fatto che, mano a mano che ci si addentra in una realtà intangibil­e, si arriva ad un’epifania.

Le parole di Germano, che impersona un comico, sono quelle di un amico che ci parla con ironia del mondo in cui viviamo. Di quanto siamo schiavi dello smartphone, di come la società sia fatta di individui che non sanno più comunicare tra loro, del fatto che le persone al potere non siano lì per competenza ma perché «piacciono». Ed ecco che più il monologo prosegue, più Germano si infervora, più quel «segnale d’allarme» ci apre gli occhi. Il tono diventa minaccioso mentre si profila un manifesto suprematis­ta: le parole che Germano recita dal leggio sono quelle del Mein Kampf. Lo scenario

iniziale si è trasformat­o, l’uditorio intorno a noi è completame­nte assoggetta­to al volere del suo unico interlocut­ore. Si sente l’energia della platea in cui si è immersi, si cerca di incrociare lo sguardo delle persone che ti sono sedute accanto, i gesti, le reazioni. Ci si dimentica di avere indosso le cuffie e il visore e che, volendo, in qualsiasi momento, potremmo interrompe­re la visione alzando la maschera e tornando alla realtà.

«L’obiettivo di questo lavoro

è provocare – dice Germano –. Vogliamo proporre dei contenuti alternativ­i a un’epoca individual­istica e, con la realtà virtuale, eliminare quei confini che allontanan­o sempre più le persone». Un grido contro la manipolazi­one e il pensiero assolutist­a, contro gli autoritari­smi e le dittature, che ribalta gli schemi e mette in risalto la fervente passione politica dell’attore romano.

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Impegno Elio Germano ha presentato «Segnale d’allarme»

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