L’«allarme» di Germano Il teatro è realtà virtuale contro le nuove schiavitù
Si indossa il visore della realtà virtuale e ci si trova seduti in un teatro. Si sente una voce, ma sul palcoscenico c’è soltanto un leggio, un paio di sedie e una bottiglia d’acqua in vetro. Si è costretti a girarsi, osservando i volti degli spettatori che ti stanno accanto, per trovare finalmente chi parla: è l’attore romano Elio Germano.
Il confine tra realtà e finzione è indistinguibile nella trasposizione in realtà virtuale, diretto dallo stesso Elio Germano insieme a Omar Rashid, dell’opera teatrale La mia battaglia, presentata ieri alle «Giornate degli Autori». «Se il teatro fosse una nave alla deriva e gli spettatori si ritrovassero nella condizione di naufraghi su un’isola deserta cosa accadrebbe?» è l’inizio di un monologo che porta lo spettatore a dubitare di tutto il sistema di valori che lo circonda.
Segnale d’allarme è il titolo che viene dato alla trasposizione VR, quasi a indizio del fatto che, mano a mano che ci si addentra in una realtà intangibile, si arriva ad un’epifania.
Le parole di Germano, che impersona un comico, sono quelle di un amico che ci parla con ironia del mondo in cui viviamo. Di quanto siamo schiavi dello smartphone, di come la società sia fatta di individui che non sanno più comunicare tra loro, del fatto che le persone al potere non siano lì per competenza ma perché «piacciono». Ed ecco che più il monologo prosegue, più Germano si infervora, più quel «segnale d’allarme» ci apre gli occhi. Il tono diventa minaccioso mentre si profila un manifesto suprematista: le parole che Germano recita dal leggio sono quelle del Mein Kampf. Lo scenario
iniziale si è trasformato, l’uditorio intorno a noi è completamente assoggettato al volere del suo unico interlocutore. Si sente l’energia della platea in cui si è immersi, si cerca di incrociare lo sguardo delle persone che ti sono sedute accanto, i gesti, le reazioni. Ci si dimentica di avere indosso le cuffie e il visore e che, volendo, in qualsiasi momento, potremmo interrompere la visione alzando la maschera e tornando alla realtà.
«L’obiettivo di questo lavoro
è provocare – dice Germano –. Vogliamo proporre dei contenuti alternativi a un’epoca individualistica e, con la realtà virtuale, eliminare quei confini che allontanano sempre più le persone». Un grido contro la manipolazione e il pensiero assolutista, contro gli autoritarismi e le dittature, che ribalta gli schemi e mette in risalto la fervente passione politica dell’attore romano.