Sì al governo: autonomia, è già lite
Via libera al patto M5s-Pd. Nella bozza di programma la riforma all’emiliana. Ira della Lega
Vittoria «bulgara» del sì al governo con il Pd sulla piattaforma Rousseau del M5s. Una vittoria che lascia l’amaro in bocca al deputato veneziano Maniero che aveva annunciato il suo «no» ma anche al consigliere regionale Berti che aveva votato no anche al contratto con la Lega. Ottimisti gli altri 5s e il bellunese D’Incà rassicura: «L’autonomia sarà soddisfacente per chi votò al referendum». Nel programma, però, compare un’autonomia in versione soft, all’emiliana.
«Orgoglioso». Luigi Di Maio lo ripete a ogni piè sospinto nel corso della conferenza stampa in cui commenta il «sì» bulgaro al governo Conte bis uscito dalla consultazione sulla piattaforma Rousseau. Un quasi 80% contro il 20% di «no». In Veneto i più scommettevano su una vittoria di misura dei favorevoli all’accordo col Pd ma il risultato è stato plebiscitario.
In Veneto il volto del «no», ancorché sofferto, al governo con il Pd è quello del deputato veneziano Alvise Maniero: «Non mi stupisce il risultato, tutta la comunicazione mainstream spingeva per il sì e anche all’interno, eravamo in pochi ad essere perplessi. Rispetto il voto. Queste sono le condizioni in cui possiamo lavorare? Faremo del nostro meglio». Il tono mesto è di chi non ha grandi aspettative: la conferma ai miei dubbi l’ho avuto leggendo la paginetta e mezza delle “Linee programmatiche di indirizzo” contro le 50 pagine del precedente contratto di governo. Prendiamo le banche, c’è un generico “tuteleremo i risparmiatori”, speravamo in ben altro. Le perplessità ci sono ma, amen, si lavora».
Amareggiato anche Filippo Degasperi, capogruppo del Movimento 5 stelle in Provincia a Trento, l’unico altro eletto a Nordest ad aver anticipato nei giorni scorsi la sua contrarietà: «Se penso che sono stato minacciato di espulsione solo per aver adombrato l’ipotesi di accordi sul territorio con liste civiche...e ora abbracciamo il Pd».
Toni ben distanti dalle considerazioni entusiastici del capo politico: «Un voto atteso dalle democrazie occidentali e dalle cancellerie europee». Di Maio, però, ha scelto di citare anche il taglio del cuneo fiscale alle imprese «come avevo promesso» nei punti del programma da condividere col Pd. Un segnale rivolto al mondo delle imprese che in Veneto ha una delle sue roccaforti. Accenti d’ottimismo arrivano, poi, da quasi tutti i parlamentari veneti del M5s. Il bellunese Federico D’Incà, ufficiale di collegamento con le Confindustrie venete, infatti, commenta così: «È stato un mese molto difficile per colpa di un Salvini che ha messo le proprie brame di potere prima degli interessi del nostro Paese: abbiamo rischiato l’aumento dell’Iva del 25% ma riusciremo a fermarlo e a introdurre un forte taglio al cuneo fiscale». D’Incà fa un passo in più e promette che sull’autonomia «chi ha votato sì al referendum del 2017 avrà soddisfazione». Ma a leggere il punto numero 17 della bozza di contratto ci si imbatte in un’autonomia soft, all’emiliana per così dire (in pole come ministro viene dato Vasco Errani di LeU), quella caldeggiata da sempre dal Pd. Si parla di autonomia differenziata giusta e cooperativa che salvaguardi l’unità nazionale». Sulla stessa linea l
La veronese Francesca Businarolo promette: «Sarà il governo delle novità. Ci sono tutte le condizioni per un esecutivo duraturo. Come presidente della Commissione giustizia vorrei sottolineare, tra le priorità, la necessità di portare a termine la riforma della giustizia». Tutti pronti a tornare al lavoro. E a stretto giro visto che non si esclude il giuramento del nuovo esecutivo già oggi o, al massimo domani, e il voto di fiducia venerdì. Fonti vicine al Pd danno le quotazioni di un veneto fra i ministri al lumicino. Si lavorerà piuttosto su qualche incarico da sottosegretario nelle prossime settimane. «Le premesse sembravano diverse dice la senatrice dem Daniela Sbrollini -, onestamente mi aspettavo un risultato più basso, diciamo una vittoria del “sì” di poco sopra il 50%. Ecco, non pensavo a un plebiscito. Ora, per loro questo è lo strumento di democrazia diretta, poi parliamo di poco meno di 80 mila persone. Comunque, abbiamo impostato un rapporto di rispetto reciproco. Va bene così. Mi permetto di dire, però, che forse il governo si sarebbe fatto ugualmente».
Considerazioni simili dalla renziana veronese Alessia Rotta: «Chiamare questo voto democrazia diretta mi pare eccessivo ma lo si rispetta. Credo che molti attivisti pentastellati siano stati tranquillizzati dal lavoro impostato alla responsabilità fatto dal Pd in questi giorni. Come andrà? Non nascondiamoci che non sarà una passeggiata ma qui l’obiettivo comune non è un contratto con io do una cosa a te, tu una a me. Qui c’è un Paese a crescita zero che sta peggio di un anno fa ma di lavoro da fare, anche con l’Europa, ce n’è». Quasi due ore di spasmodica attesa dell’esito del voto, ieri sera, tra Blog delle Stelle in crash e uno psicodramma simile al televoto di tanti reality. La chiusa va al proboviro del M5s e consigliere regionale Jacopo Berti: «Ora che è andata posso dirlo: ho votato no. Così come votai no al contratto con la Lega. Sarò vintage...ma per me il Movimento è o noi o loro. Detto questo sarò un buon soldato». E quando l’impossibile diventa possibile, gli chiediamo se c’è margine per un accordo Pd-5s in vista delle regionali, Berti sospira: «Ci penseremo più avanti, devo mandar giù questa per oggi».
Berti Ho votato no al contratto con la Lega, e ho votato no a quello col Pd