Ludopatia, la legge cambia «Vince la lobby delle slot»
Le sale già aperte non dovranno rispettare le distanze dai luoghi sensibili
Scontro in consiglio regionale sull’approvazione della nuova legge contro il gioco d’azzardo. Il nuovo limite sulle distanze dai luoghi sensibili non sarà applicato alle sale già aperte. «Così si svuota la legge». «Rischiavamo impugnazioni alla Consulta».
Pareva dovesse filare tutto liscio, perché il provvedimento era stato licenziato dalla commissione Sanità senza alcun voto contrario e perché il tema, il contrasto al gioco d’azzardo, è considerato «una priorità» da tutte le forze politiche. E invece ieri, in consiglio regionale, la nuova legge sulle ludopatie ha finito per scatenare una zuffa inattesa tra maggioranza e opposizione, zuffa alimentata da un incontro (informale e certo inusuale) a seduta già iniziata tra alcuni consiglieri e i rappresentanti della lobby delle sale gioco e dalla presentazione da parte della giunta di due emendamenti che hanno limitato l’applicazione della più restrittiva tra le nuove norme alle sole prossime aperture. Le sale gioco già aperte, così come i bar che già ospitano le slot, dunque, non saranno toccati.
«Mai prima d’ora - attacca Piero Ruzzante di Leu - avevamo assistito ad un incontro a senso unico, senza contraddittorio, con una sola delle parti coinvolte dall’applicazione di una legge, mentre quella stessa legge è in discussione in aula. Con gli emendamenti presentati dall’assessore Lanzarin viene svuotato il provvedimento, ha vinto la lobby delle macchinette». Graziano Azzalin del Pd parla di «contraddizione stridente», «scelta politica pesante», «incontro imbarazzante». Nel merito: l’emendamento Lanzarin ha escluso i locali già autorizzati dall’applicazione del più severo tra i nuovi limiti, ossia la distanza minima di 300 metri nei Comuni sotto i 5 mila abitanti e di 500 metri nei Comuni sopra i 5 mila abitanti dai «luoghi sensibili» come le scuole, i luoghi di culto, gli impianti sportivi, gli ospedali, le case di riposo, le banche e gli sportelli bancomat, i «compro oro», le stazioni ferroviarie e degli autobus.
Ma l’assessore al Sociale Manuela Lanzarin respinge le accuse: «Non ho mai incontrato alcuna lobby (in effetti, mentre a Palazzo Ferro Fini si teneva l’incontro in questione con alcuni consiglieri, Lanzarin era a Palazzo Balbi col governatore Luca Zaia, ndr) e gli emendamenti sono stati presentati prima, sulla base di un’indicazione del nostro ufficio legislativo secondo cui la norma sulle distanze non poteva essere retroattiva perché avrebbe leso i diritti quesiti dei titolari di licenza. Correvamo il rischio di un’impugnativa alla Corte costituzionale, come è accaduto in Lombardia». Lanzarin contesta poi che questa variazione svuoti di contenuto la legge: «Resta un provvedimento tra i più restrittivi in Italia, visto che innalza l’aliquota Irap per gli esercenti che installano apparecchiature da gioco al valore massimo possibile: lo 0,92% rispetto allo 0,20% previsto dall’articolo 20 del Collegato del 2015 alla legge di Stabilità. Una scelta chiara, che va nella direzione di utilizzare tutti gli strumenti che possono essere lecitamente utilizzati come deterrente».
Soddisfatto anche il leghista Riccardo Barbisan, primo firmatario di una delle leggi poi unificate nel testo approvato ieri: «Finalmente il Veneto si dota di una legge che affronta e combatte il complesso fenomeno della ludopatia, introducendo restrizioni severe senza penalizzare oltremodo un settore che fin qui ha seguito regole diverse». Parole che non hanno convinto il gruppo del Movimento Cinque Stelle, che ha votato contro («La legge è troppo permissiva e scende a molti compromessi, come la previsione di sole 6 ore di spegnimento delle slot e di chiusura delle sale gioco» dice Erika Baldin), e neppure il Pd, che si è astenuto: «Per quanto riguarda la norma finanziaria, la Regione non mette niente di proprio ma solo quello che riceve dallo Stato - sottolinea Claudio Sinigaglia -. Spiace poi che sia stata bocciata la nostra proposta di vincolare le sanzioni al Piano dipendenze, per “finalizzarle”».
L’assessore Lanzarin Nessun cedimento alla lobby, rischiavamo l’impugnazione alla Corte Costituzionale