Zaia: «Tornare col M5S? Mai dire mai Riforma, ora si riparta dal lavoro fatto»
Il governatore: «La politica è l’arte dell’impossibile, se i no diventano sì...»
Salvini? «Ha fatto benissimo a rompere con i Cinque Stelle». Il governatore Luca Zaia non cambia idea. Anzi, rimprovera quanti, specie nella Lega, ora criticano l’ormai ex ministro dell’Interno per aver aperto la crisi ferragostana che ha estromesso il Carroccio dalla cabina di comando: «Siamo onesti - ha detto ieri Zaia - qua tutti dicevano che non se ne poteva più, che l’alleanza era diventata insostenibile, un’agonia. Se volete ve ne porto un paio di pullman pieni... Io ero tra questi e non faccia retromarcia».
Ma mentre il governatore si conferma critico nei confronti dei Cinque Stelle, con cui il rapporto è sempre stato travagliato a Venezia dalla Pedemontana agli Pfas, Salvini a Roma continua a infilare nel mirino solo e soltanto il Pd, non rinnega l’esperienza di governo col M5s e anzi ad ogni occasione utile elogia l’ex sodale Luigi Di Maio, quasi pensasse (temesse?) che prima o poi i due partiti si dovranno necessariamente incontrare di nuovo. Possibile? Zaia allarga le braccia: «Non lo so, la politica è l’arte dell’impossibile, lo stiamo vedendo anche in queste ore, può accadere di tutto. Certo, se mai dovesse succeder di nuovo, occorreranno patti chiari, molto più chiari di quelli fatti un anno fa. L’ha già detto anche Salvini: i no devono diventare sì».
Per quel che riguarda il Veneto, però, le ferite da rimarginare sembrano troppo profonde: «Io non dimentico che la Pedemontana, il cantiere autostradale più importante d’Italia, l’abbiamo inaugurata senza il ministro (Toninelli, ndr.), che la Tav tra Brescia e Verona è stata ferma 16 mesi per niente, che sulle Olimpiadi ci hanno detto che, se le volevamo, ce le dovevamo pagare, dell’autonomia, poi, non ne parliamo. Mi domando: cosa sarebbe accaduto con la finanziaria?».
Proprio sull’autonomia il duello tra la Lega e il M5S non vede tregua, le visioni appaiono distanti e per certi versi inconciliabili. L’inserimento della riforma al diciassettesimo punto delle «linee di indirizzo programmatico per la formazione del nuovo governo» tra pentastellati e Pd («È necessario completare il processo di autonomia differenziata giusta e cooperativa, che salvaguardi il principio di coesione nazionale e di solidarietà, la tutela dell’unità giuridica ed economica») suona per i leghisti quasi come una beffa. E difatti pure lunedì l’ex ministro (leghista) agli Affari regionali e l’ex ministro (Cinque Stelle) per il Sud Barbara Lezzi hanno polemizzato.
«A leggere che l’autonomia non è stata fatta per colpa della Lega viene da ridere - commenta Zaia -. Anche perché poi alcuni compagni di partito del ministro dicono che non è stata concessa perché Zaia chiede 23 materie e 23 materie sono troppe... Ma allora perché non è stata data all’Emilia Romagna, che ne chiede 15, o al Piemonte, che ne vuole 12? L’unica verità è che non abbiamo mai visto una proposta del M5S o una proposta ufficiale del Governo».
Sull’ipotesi che il prossimo ministro agli Affari regionali possa essere veneto (si è parlato dell’ex sindaco di Vicenza Achille Variati e dell’ex sottosegretario Gianclaudio Bressa mentre salgono le quotazione dell’ex governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani), Zaia non si sbilancia, limitandosi a sostenere, quanto al lavoro fatto fin qui, che «non si butta via nulla, perché la politica ha coordinato il dossier ma ai tavoli tecnici sedevano autorevoli professori, in rappresentanza della Regione e del governo: per noi si deve ripartire da lì. E non arretriamo di un millimetro: non abbiamo fatto sconti al governo uscente, figuriamoci a quello entrante».
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La riforma Non si butti via tutto, la politica non c’entra, il lavoro è stato fatto dai tecnici