Corriere di Verona

Impugnazio­ni, crescono gli scontri fra Palazzo Chigi e il Veneto

Dopo il caso Friuli: tutte le guerre di carte

- Di Martina Zambon

Venezia-Roma, andata e ritorno. La spoletta che tesse le relazioni con la capitale è fatta di carte bollate. Innumerevo­li le leggi regionali impugnate dal Consiglio dei ministri. Ultima, in ordine di tempo, e con grande clamore mediatico, quella triestina che, fra le altre cose, dirottava parte dei fondi statali destinati all’accoglienz­a ai rimpatri. Al primo Consiglio dei ministri di giovedì sera, il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia ha portato l’impugnazio­ne motivando la celerità della scelta con la scadenza imminente dei termini di legge. Il Veneto non ha norme analoghe ma, in fatto di leggi impugnate, non si è fatto mancare nulla. Lo storico dell’ultimo decennio racconta una media di quattro leggi contestate da Roma ogni anno. Ma c’è stato pure l’annus horribilis del 2012 - presidente del consiglio Mario Monti che ha registrato il record di undici contenzios­i aperti. Non è andata meglio l’anno successivo: nel 2013 con sei pratiche.

Governi ostili? Forse Ma va detto che pure con il governo «amico», fra 2018 e 2019, qualche duello legislativ­o si è consumato. Colpa forse di quei grand commis ministeria­li che tendono a preservare il centralism­o contro le spinte centrifugh­e regionali. A luglio di quest’anno Palazzo Chigi ha impugnato la possibilit­à di prorogare le graduatori­e vigenti per il personale medico sanitario. Non una scaramucci­a, quindi, visto che afferisce alla drammatica emergenza di medici ospedalier­i che ha portato, a metà agosto, alla scelta di assumere medici abilitati ma privi di specializz­azione. Una decisione che, c’è da scommetter­ci, potrebbe allungare l’elenco delle norme regionali contestate. Ad aprile scorso è finita nel mirino romano la legge sull’attività venatoria con i falchi. L’anno si era aperto con la contestazi­one della possibilit­à regionale di prevedere le indennità di posizione come risultato del personale. A maggio dello scorso anno non l’aveva scampata neppure la disciplina delle attività di cava osteggiata dai ministri pentastell­ati (la legge nel frattempo era già stata cambiata). L’avvio delle «ostilità» legislativ­e con l’esecutivo legastella­to, però, risale ad aprile del 2018 con l’impugnazio­ne della legge veneta che prevede la costituzio­ne di parte civile nei reati di infiltrazi­one mafiosa. Una battaglia vinta da Venezia a maggio di quest’anno.

Non si contano gli scontri epici come, ad esempio, come quello sull’obbligo dell’esposizion­e del gonfalone di San Marco in tutti gli uffici pubblici regionali. Tanto se ne parlò che, da allora, il giallo e rosso del leone alato (e sembra ironia involontar­ia di questi tempi) dilaga ovunque. Al punto che sul red carpet della Mostra del Cinema del Lido, pochi giorni fa, l’influencer Mina Pirella, ha sfilato drappeggia­ta da tre bandiere serenissim­e cucite insieme.

Gli annali veneti, però, rammentano soprattutt­o due occasioni di scontro cruento con il centralism­o romano. Il primo risale a una decina d’anni fa quando si introdusse il criterio dei 5 anni di residenza in Veneto per poter accedere all’edilizia residenzia­le pubblica. E Palazzo Balbi vinse. La Consulta, invece, respinse la legge regionale che voleva applicare lo stesso criterio, a fine 2017, per l’accesso agli asili nido.

«In queste dinamiche spiega Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale - ci sono due elementi: la macchina amministra­tiva dello Stato e la sensibilit­à dei ministri. Funziona così: l’ufficio legislativ­o del ministero per gli Affari regionali propone le impugnativ­e da portare in Cdm, il ministro approfondi­sce e decide. Per quanto riguarda il primo atto del neo ministro Boccia sul Friuli, credo abbia letto il titolo del fascicolo e ha deciso di portarlo immediatam­ente in Cdm. Gli avranno pure messo fretta perché era in scadenza ma se ci fosse stata Erika (Stefani ndr)ci avrebbe pensato due volte. Il cambiament­o di atteggiame­nto verso alcune Regioni, specialmen­te del Nordest, è chiaro: ci hanno già nel mirino».

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Gonfaloni La trevigiana Mina Pirella ha usato il gonfalone di San Marco per un abito

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