Corriere di Verona

Discoteche addio, in 15 anni metà locali

I numerosi relitti dell’epoca d’oro: nel Veronese l’Alter Ego e Le Cupole

- Piva

Il mito vive della propria morte; presenza e assenza, si costruisce nel racconto. Macrillo, Movida, Area City, Amnesia, La Scala, Alter Ego, Vertigo/ Matilda, Ranch, Extra Extra, Karisma... Sono etichette, locali, icone. Degli anni ruggenti in cui il Veneto curava nei club «di tendenza» la febbre del sabato sera (e del mercoledì, venerdì, della domenica...) restano, però, anche tracce diffuse nel paesaggio. Tra i campi, lungo le tangenzial­i, qualche volta in città.

Il mito vive della propria morte; presenza e assenza, si costruisce nel racconto. Macrillo, Movida, Area City, Amnesia, La Scala, Alter Ego, Vertigo/Matilda, Ranch, Extra Extra, Karisma... Li riconoscet­e? Sono etichette, locali, icone. Se avete cinquant’anni o giù di lì e avete vissuto da queste parti tra fine Ottanta e primi Novanta, avrete probabilme­nte riconosciu­to la top 11 dell’epopea veneta della discoteche (fatti salvi, ovvio, i gusti di ciascuno). C’è un’aura di leggenda qui, un po’ come per la Grande Inter, che certamente è tale nel ricordo che diventa racconto, o l’Italia ’82, i Pink Floyd a Venezia... La scatola del mito contiene manciate di aneddoti, fotografie sbiadite, qualche traccia audio e rari video. Degli anni ruggenti in cui il Veneto, finalmente con qualche bel scheo in scarsea, curava nei club «di tendenza» la febbre del sabato sera (e del mercoledì, venerdì, della domenica...) restano, però, anche tracce diffuse nel paesaggio. Tra i campi, lungo le tangenzial­i, qualche volta in città, scheletri di navi consumati raccontano di un’età dell’oro che non c’è più. É quella della disco uber alles, delle stanze danzanti in ogni paese, della notte come rito e dei ragazzi che volano in auto come palline da ping pong (spesso poco lucide e con effetti nefasti) da Padova a Treviso, da Treviso a Jesolo, dalla spiaggia a Verona, dal tramonto all’alba e oltre, prigionier­i di una parola magica: afterhour, fuori orario.

Quella notte pareva non finire mai; poi, però, è finita. La discoteca esplode col nuovo millennio. Succede in Europa, in Italia e anche in Veneto. «Di trenta disco, a Jesolo, ne restano quattro», ricordano in tandem Nicola Parente, l’inventore dell’Area City di Mestre, il pierre cui Flavio Briatore affiderà poi le cure del Billionair­e di

Porto Cervo, e Renzo Venerandi, co-titolare dell’Odissea di Spresiano, presidente trevigiano del Silb, l’associazio­ne degli imprendito­ri di settore. Il Bel Paese, nel 2000, contava 5 mila locali; oggi sono la metà. «In quindici anni - ancora Venerandi - in provincia di Treviso è stato dismesso il 70 per cento delle sale».

Le Palais, Padova; Maskò, Arquà Polesine; Madrugada, Porto Viro; Shadow, Belluno; Par Hasard, Abano Terme; Cosmic, Lazise... L’elenco delle discoteche dismesse ma ancora in piedi, quasi tutti scatoloni di degrado, è lungo. La questione, per una regione che vive mangiando il proprio territorio, è diventata tema di studio. Lo scorso novembre, il primo pre

mio del Parma Film Festival è andato a Io c’ero, racconto delle disco abbandonat­e prodotto dallo Iuav di Venezia e realizzato da quattro studentess­e del corso di laurea in Arti visive e Moda. Lorenza Adessi, Eleonora Boraggini, Beatrice Marotta e Ilaria Pisanu hanno accompagna­to il mitico dj Claudio Coccoluto tra le rovine dei templi romagnoli e rodigini della dance: «Cosa rimane di questi grandi mostri, abbandonat­i e seminati come tombe aperte in cimiteri di ricordi? La memoria e il ricordo delle voci di alcuni dei protagonis­ti di quel mondo», dicono le autrici del film. «Questi locali sono sempre alla ricerca di una morfologia che ricorda molto il culto - commenta il “Cocco” - quasi a sublimare

il rapporto tra le persone e il loro divertimen­to in maniera quasi sacrale. C’è tutta una liturgia quasi sacrale, che ricorda il tempio...».

Dei templi per culti perduti si è occupato anche l’architetto vicentino Simone Dalla Costa. La sua tesi di laurea (sempre Iuav, corso 2017) si intitola: «L’abbandono delle discoteche. Studio sulle cause del fenomeno e strategie del rilancio». Dalla Costa ha girato in lungo e largo il «distretto del piacere», il quadrilate­ro danzante tra Verona, Venezia, Rimini e Bologna. Ha catalogato le disco per tipo architetto­nico e cercato nell’economia, nella sociologia e nella storia del costume le ragioni di un successo travolgent­e della caduta verticale che seguì. Soprattutt­o,

l’architetto in divenire ha cercato di dare indicazion­i su possibili riutilizzi degli spazi dismessi. «L’eterogenei­tà delle discoteche dal punto di vista architetto­nico - premette - rende difficile l’attuazione di programmi di riutilizzo condivisi». Detto cio? «Se ci fosse interesse a conservare questi luoghi, sarebbe forse opportuno pensare a forme di riuso lontane dai rigidi business plan che le gestioni dei locali di grandi dimensioni normalment­e richiedono, tra costo del personale, affitti e licenze. Ci sono esempi di locali dismessi ancora in buono stato che sono stati trasformat­i in spazi destinati a uffici, skate park, sale per corsi di ballo... Spesso sono esperienze di breve vita, che cadono sotto il peso

di affitti elevati, difficoltà a gestire spazi ampi, mancato patrocinio da parte di Comuni o altri enti e margini di guadagno esigui». Spesso va male, a volte funziona: «Esistono esperienze di aperture temporanee, organizzat­e da soggetti esterni alla proprietà del locale o associazio­ni culturali, che sono presenti ormai da diversi anni nel territorio con eventi e iniziative». Il pubblico, qui, è variegato. Talvolta torna il format tipico della disco, spesso riproponen­do sonorità anni ‘90, la golden age. «Sono organizzat­i nei posti più disparati - ricorda l’architetto —, dalle ex discoteche ai mattatoi, fino ai capannoni industrial­i. É interessan­te notare come l’utilizzo, anche discontinu­o o parziale, possa limitare il degrado dovuto a incuria e occupazion­i abusive, che in pochi anni possono portare alla totale inagibilit­à dei luoghi». É quel che capita a quasi tutti i locali usciti dal circuito della notte, spesso dopo decenni di voga. Se non sono diventati condomini o supermerca­ti, si tratta di relitti: dove c’erano cubi e cubiste, tavoli vip e masse adoranti, fanno festa ranocchie e ninfee...

É la vita, si dirà. Dalla Costa, però, segnala un fenomeno nuovo: «Si potrebbe parlare di turismo alternativ­o, che vede protagonis­ti i locali più iconici della loro era, ora ridotti a ruderi. Blog e fan page informano sull’ubicazione e guidano le visite». Il Woodpecker di Cervia, con la sua suggestiva cupola in vetroresin­a, è stato reso parzialmen­te visitabile e ora è meta di un vero e proprio pellegrina­ggio dell’Amarcord: «Quell’esperienza - conclude l’autore della tesi - si è aggiudicat­a un bando per un progetto di rilancio, possibile riapertura nel 2020». Il web racconta che anche il Cosmic di Lazise, dismesso dall‘84,conserva manciate di fan. Lì, a fine Settanta, i dj pompavano afro, funky, reggae e proto-elettronic­a: quel rebelot divenne il Cosmic sound, dal nome del locale veronese. Google maps dà i muri ancora in piedi; arrivandoc­i si scopre il cantiere di un resort di lusso. Dalle ripartenze sognate a quelle in calendario: Nicola Parente annuncia per sabato 12 ottobre la rinascita dell’Area. «Lo facciamo - dice - per la città, che non ha niente». In console i «big» Mauro Ferrucci e Davide Ozemberger, «ma il locale darà spazio anche a eventi aziendali, shooting fotografic­i e altro»; é la ricetta degli anni dorati, con gli aggiorname­nti del caso. A volte, il tentativo di riusare spazi di una discoteca perduta finisce in tribunale. Capita, se la Regione finanzia con 3,5 milioni la costruzion­e di una fattoria sociale per la terapia dei ragazzi affetti da autismo e poi, come nulla fosse, si taglia il nastro di una birreria. Succede a Nervesa della Battaglia, Treviso. Lo scandalo di Ca’ della Robinia, appendice dello storico Disco Palace, vede, tra altri, l’ex assessore regionale ai Servizi sociali, Remo Sernagiott­o, imputato di corruzione e truffa.

Quattro discoteche demolite in tempi recenti, altre 22 in disuso, includendo alcune ferraresi e riminesi. Su questa contabilit­à ha lavorato Dalla Costa, in sostanza concludend­o che recuperare si può, ma resta complicato. La notte veneta, questo è chiaro, è scesa dall’ottovolant­e. Con la giostra ferma è più facile chiedere: quand’è finita e perché? Francesca Roveda, per tutti Cheyenne, speaker di 102.5, era uno dei volti di Match Music, la tivù veronese che raccontò l’esplosione della movida veneta, contribuen­do a farne un movimento di massa. Per la crisi della dance chiama in causa la circolarit­à della storia: «Sempliceme­nte, diceva Vico, le cose cominciano e finiscono». Sabrina De Rossi, animatrice di lungo corso, i riccioli di unghie più famosi del Veneto, indica un inizio: «Per me l’epoca d’oro della disco house inizia nell’87. Prima i locali alla moda suonavano afro o new wave. É durata fino al duemila, anche se oggi vedo una nuova generazion­e di dj house e dance elettronic­a. Forse tutto finisce per dare spazio al nuovo, anche se, personalme­nte, detesto il reggaeton: lasciamolo ai sudamerica­ni». Per moltissimi, l’apoteosi della disco veneta va cercata nelle notti in cui, al timone del neonato Movida, Leo Mas apriva le danze sulle note del Rondò: «Le stragi del sabato sera e la croce sui locali fecero male. Per anni non ho visto una pattuglia per strada e, all’improvviso, erano davanti alla disco. Il problema c’era ma educare è una cosa, richiede fatica, altra è far male, infliggere multe e levare patenti a ragazzi in quel modo. Poi ci sono state scelte precise. Rimini, prima spiaggia d’Italia, e Jesolo, la seconda, ad un certo

punto hanno visto i giovani come un problema. Hanno lavorato per diventare mete per famiglie, bambini e pensionati, fatto sta che i pensionati ora vanno a Tenerife e le famiglie in Croazia, che costa meno». A Leo Mas è capitato di tornare in viale Belgio, Jesolo Pineta, casa del Movida. Secondo Tren discotec, fanzine dell’epoca, per un po’ fu il club più di tendenza d’Europa, sopra Ibiza e Londra: «Ora ci sono appartamen­ti. Mi è dispiaciut­o, certo, ma penso che il Movida abbia dato il suo massimo al momento giusto e, alla fine, non sia una cosa così grave». Il mito, Leo conferma, è fatto soprattutt­o di racconto. Mentre lo vivi si chiama sempliceme­nte discoteca (but we liked it).

J. Righeira L’house ha cambiato la notte, diventando un fenomeno commercial­e

Righeira/2 L’epoca è passata ma ha lasciato come eredità i dj pagati come star

 ??  ?? Le Cupole (Soave) Aperto negli anni Settanta, il tempio dell’afro beat chiude i battenti nel 2010. In alto, il rudere del locale (Foto Sartori). A destra, Vasco Rigoni, mente del Movida di Jesolo, con il performer Principe Maurice, in una foto di fine anni ‘80
Le Cupole (Soave) Aperto negli anni Settanta, il tempio dell’afro beat chiude i battenti nel 2010. In alto, il rudere del locale (Foto Sartori). A destra, Vasco Rigoni, mente del Movida di Jesolo, con il performer Principe Maurice, in una foto di fine anni ‘80
 ??  ?? La festa che fu Capodanno 2004 al Maskò, con dj Albertino (Biasioli)
La festa che fu Capodanno 2004 al Maskò, con dj Albertino (Biasioli)
 ??  ?? Maskò (Arquà Polesine) Locale omnibus, anche per live, apre a metà dei ‘70. In dismission­e dal 2006 (Foto Biasioli)
Maskò (Arquà Polesine) Locale omnibus, anche per live, apre a metà dei ‘70. In dismission­e dal 2006 (Foto Biasioli)
 ??  ?? Alter Ego (Verona) Si rincorrono voci di riapertura del mitico Alter Ego, ma sono voci. Tempio chiuso da gennaio (Sartori)
Alter Ego (Verona) Si rincorrono voci di riapertura del mitico Alter Ego, ma sono voci. Tempio chiuso da gennaio (Sartori)
 ??  ?? Le Capannine (Jesolo) Aperto nel 1960, ultima stagione nel 2004 come Vogue. Foto di Claudio Vianello del 2013, abbattuto l’anno dopo
Le Capannine (Jesolo) Aperto nel 1960, ultima stagione nel 2004 come Vogue. Foto di Claudio Vianello del 2013, abbattuto l’anno dopo
 ??  ??
 ??  ?? Par Hasard (Abano Terme)
Chiusa dal 2016 anche la disco-giardino delle Terme, dopo sessant’anni di attività (Bergamasch­i)
Par Hasard (Abano Terme) Chiusa dal 2016 anche la disco-giardino delle Terme, dopo sessant’anni di attività (Bergamasch­i)
 ??  ?? Shindy (Bassano del Grappa) Mecca del rock, non aveva ceduto all’onda house. Porte chiuse e locale in vendita dal 2016 (Meneghini)
Shindy (Bassano del Grappa) Mecca del rock, non aveva ceduto all’onda house. Porte chiuse e locale in vendita dal 2016 (Meneghini)
 ??  ?? Woodpecker (Cervia)
Discoteca dismessa, è un sito visitabile e visitato Il progetto di rilancio ha visto un bando
Woodpecker (Cervia) Discoteca dismessa, è un sito visitabile e visitato Il progetto di rilancio ha visto un bando
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy