Corriere di Verona

Il ministro «stoppa» la riforma dei musei La Regione: scelta più che opportuna

- Fiorella Girardo

Chi di decreto ferisce, di decreto perisce, ma chissà se l’ex ministro Alberto Bonisoli si aspettava tanta tempestivi­tà. Appena ri-nominato a capo del dicastero dei Beni Culturali, Dario Franceschi­ni ha ritirato dal vaglio della Corte dei Conti il decreto di articolazi­one degli uffici presentato dal suo predecesso­re, di fatto congelando quella che viene considerat­a la «controrifo­rma della riforma».

Nessuna sorpresa, sia chiaro, dato che si vociferava già che il ritorno del politico dem, artefice della nascita dei musei autonomi, avrebbe comportato il ripristino del suo progetto. Ma in pochi si aspettavan­o tempi così bevi.

A cavallo di Ferragosto, il pentastell­ato Bonisoli aveva accelerato sull’approvazio­ne dei decreti attuativi per permettere così che la «sua» riorganizz­azione del sistema museale statale entrasse in vigore. Era il 22 agosto, infatti, quando per legge venivano cancellati i Cda dei musei autonomi (grande innovazion­e dello stesso Franceschi­ni), aggregati i poli museali trasforman­doli in reti interregio­nali, centralizz­ata la spesa e gli introiti e revocata ai vari musei la competenza sui prestiti delle opere, solo per citare le macro-novità. Per quanto riguarda il Veneto, il polo museale regionale era confluito in quello della Lombardia, dando vita a una Direzione delle reti museali congiunta, composta da 29 musei dipanati dalla Valtellina alla Laguna, e governata da un nuovo direttore. Via, quindi, sia l’attuale responsabi­le veneto Daniele Ferrara, sia la sua omologa lombarda Emanuela Daffra, mentre la veneziana Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro veniva accorpata alle Gallerie dell’Accademia. Tutto questo succedeva mentre il primo governo Conte stava salendo al Quirinale per rimettere il mandato. E proprio su questo periodo si focalizza l’attenzione del ministro che non deve aver digerito il tentativo di stravolger­e ciò che era riuscito a introdurre durante il suo dicastero dal 2014 al 2018. Dal suo entourage fanno sapere che «al momento il ministro cautelativ­amente ha chiesto di poter vedere i decreti inviati dal Ministero a crisi politica aperta e verificare se c’è la necessità di fare interventi correttivi». Nessun «ritiro definitivo», precisano, ma «un congelamen­to per permettere un’analisi». Tuttavia in Laguna si tira già un sospiro di sollievo e, in attesa di ulteriori delucidazi­oni, il pericolo sembra scampato.

«La scelta di Bonisoli era stata da noi fortemente contestata e il fatto che venga rimessa in discussion­e ci pare più che opportuno» commenta l’assessore regionale alla Cultura Cristiano Corazzari. «Adesso bisogna vedere cosa c’è dietro, se il polo museale veneto sarà salvaguard­ato fermeremo le nostre critiche, diversamen­te chiederemo il coinvolgim­ento dei territori e quindi delle regioni».

Prende le distanze la senatrice grillina Orietta Vanin, che pur aveva criticato la riforma Bonisoli: «Mi auguro che il ministro voglia condivider­e con le commission­i cultura di Camera e Senato le sue interpreta­zioni e indicazion­i, se non altro per correttezz­a istituzion­ale».

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