Corriere di Verona

Autostrade, Edizione non si scompone per il pugno duro minacciato da Conte

- Gianni Favero

«Mi astengo dal formulare qualsiasi giudizio preconcett­o, su misure che non si conoscono realmente». In piazza Duomo, a Treviso, nella stanza dei comandi di Edizione, le parole di ieri di Giuseppe Conte alla Camera, quando ha parlato di Autostrade per l’Italia, non hanno destato alcun brivido. Il sangue freddo, del resto, è la regola e Gianni Mion, presidente della holding di casa Benetton, non altera il suo aplomb per l’ennesimo riferiment­o al crollo del Ponte Morandi, pure se Atlantia lascerà per questo, ieri sera a fine giornata in Borsa, uuna perdita del 2%.

«Questo governo – aveva detto il premier intorno a mezzogiorn­o, nel discorso in cui chiedeva la fiducia - porterà a completame­nto il procedimen­to senza nessuno sconto per gli interessi privati, avendo quale obiettivo esclusivo la tutela dell’interesse pubblico e, con esso, la memoria delle 43 vittime, una tragedia che rimarrà una pagina indelebile della nostra storia patria». Pugno di ferro, dunque, per chi la magistratu­ra dimostrerà essere il responsabi­le del crollo del viadotto di Genova il 14 agosto dello scorso anno. Con la consueta propagazio­ne delle colpe che da Autostrade per l’Italia passa alla controllan­te Atlantia e da qui a Treviso, dove ha sede la cassaforte della famiglia Benetton la quale, attraverso la subholding Sintonia, detiene di Atlantia comunque non più del 30%. L’argomento sollevato da Conte ha comunque a che fare con il criterio che disciplina i rapporti fra lo Stato e i proprietar­i di infrastrut­ture di trasporto in senso generale. «Renderemo più efficiente e razionale il sistema delle concession­i dei beni e dei servizi pubblici – ha detto a questo proposito - operando una progressiv­a revisione di tutto il sistema». È un tema politico non poteva non esserci fra i dossier inseriti nel programma sul quale il capo del governo ha chiesto la sua seconda fiducia.

Da qui a concretizz­are il piglio intransige­nte verso Aspi-Atlantia-Edizione, però, il passo è lungo e già il fatto di aver pronunciat­o il verbo «rivedere» anziché «revocare», probabilme­nte è sufficient­e a non alterare la relativa tranquilli­tà di Edizione. La società non ha mai minimizzat­o la portata dell’evento, va sottolinea­to, ma c’è ragione di ritenere che l’approccio di questo esecutivo possa essere meno spigoloso del precedente. Anche perché, ma non è un tema che i due soggetti possano dichiarare, c’è sul tavolo la questione Alitalia. Se pochi mesi fa gli incoraggia­menti verso Atlantia per un ingresso salvifico nella compagnia di bandiera non erano stati così velati, è difficile che tali ragionamen­ti, peraltro difficili per la condizione finanziari­a stessa del vettore, potrebbero proseguire se fossero recise le concession­i di Aspi. Tanto più in assenza di una sentenza della magistratu­ra, vale a dire l’argomento di garanzia che per tutta la durata del vecchio esecutivo ha consentito di giustifica­re, agli occhi della base pentastell­ata, il comportame­nto attendista di Palazzo Chigi.

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