Corriere di Verona

LA CRISI DI CRESCITA E LE SFIDE

- Di Luciano Ferraro

E’come se i produttori di Chianti Classico, la zona storica del rosso lanciato dal barone Ricasoli, rinunciass­ero al nome perché esiste la zona più vasta del Chianti (non classico). Sarebbe più facile o più difficile vendere le loro bottiglie all’estero?

Quello che sta accadendo in Veneto sul nome Prosecco è una crisi di crescita. Quando nel Dopoguerra Giuliano Bortolomio­l si diede da fare per fondare la Confratern­ita di Valdobbiad­ene c’erano 1.200 ettari di viti da far rinascere. Le bombe e l’incuria avevano provocato un deserto in campagna, i contadini cercavano vie di fuga. Si viveva, raccontava Bortolomio­l nel libro sulla sua vita, in «povertà nera», («Il sogno del Prosecco» di Ettore Gobbato). Il grido di quel battaglier­o enologo fu: «Porco can! Bisogna fare qualcosa!»). La Confratern­ita era un insieme di richiami medievali (lunghi mantelli bianchi e spade) e riti goliardici. Ma servì davvero, era l’unico punto di riferiment­o per i vignaioli, prima della nascita del Consorzio di tutela e della Mostra dello Spumante. Settantatr­é anni dopo la sua fondazione, la Confranter­nita e il suo Gran Maestro hanno avviato una consultazi­one tra i produttori del Prosecco storico nel quale si ipotizza di sostituire la parola Prosecco con il toponimo, Conegliano­Valdobbiad­ene.

Ci si potrebbe interrogar­e se abbia ancora un ruolo storico la Confratern­ita, quando esistono altri strumenti, altri sodalizi, altre associazio­ni imprendito­riali per tutelare sia i produttori sia i consumator­i. Si potrebbe anche far notare che esiste una contraddiz­ione tra la volontà di togliere il nome Prosecco e il messaggio della stessa Confratern­ita nel proprio sito Internet si erge

a «autentica università del Prosecco e lavora per lo sviluppo di un sodalizio tra persone, cantine, territorio e il suo prodotto principe».

Ma restiamo al cuore della questione. Il sistema Prosecco è cresciuto in maniera così rapida e possente negli ultimi dieci anni da aver bisogno di trovare una nuova visione del futuro. Sono aumentate in maniera vertiginos­a le bottiglie e i mercati. Sono cresciuti gli incassi, il numero delle cantine, quello dei distributo­ri e anche delle industrie del vino che riescono a farsi confeziona­re il vino su misura per le grandi catene.

Uno sviluppo così imponente ha trasformat­o il territorio e fatto lievitare il reddito di migliaia di famiglie.

Non c’è dubbio che serva un nuovo «Porco can! Dobbiamo fare qualcosa!». Ma la strada della rimozione del nome conduce all’autolesion­ismo. Il Prosecco Superiore ha altre strade per aumentare valore e crescere. Puntare di più sulle Rive, dove si pratica la viticoltur­a eroica e i vini acquistano carattere. Investire sulla sostenibil­ità eliminando sempre di più le pratiche inquinanti. Fare in modo di aumentare la longevità dei vini, in modo che il Prosecco non sia solo un vino da bere pochi mesi dopo la vendemmia.

Questo non esclude che ci siano produttori, piccoli o grandi, che preferisca­no distinguer­si puntando sul luogo di produzione invece che sul nome del vino. Ma che senso avrebbe un’etichetta in cui campeggias­se solo Montalcino invece che Brunello di Montalcino?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy