Corriere di Verona

È coro di no per il nuovo nome

L’otto per cento delle aziende dell’area nobile (Docg) lascia sull’etichetta solo la dicitura «Valdobbiad­ene» Consorzi contrari, produttori Doc furiosi: modi sbagliati

- Pigozzo

Dal Bello La nostra bottigliat­op si chiama «Asolo» già da vent’anni ma oggi abbiamo ancora bisogno del nome Prosecco sulle etichette

Martellozz­o (Bellussi) L’abbiamo già provato dieci anni fa con risultati catastrofi­ci, piuttosto si modifichi il disciplina­re e la regola sui superiori

La dichiarazi­one di guerra è arrivata dalla collina più preziosa, quella del Cartizze. E porta la firma di chi, su quella collina, ci ha costruito la propria azienda. Col Vetoraz, sostenuta dalla Confratern­ita di Valdobbiad­ene e da un ristretto gruppo di produttori locali, ha lanciato la proposta di eliminare per sempre la parola «Prosecco» dalle bottiglie della Docg. «Per valorizzar­e il nostro territorio dobbiamo chiamarci solamente Valdobbiad­ene e Conegliano». Un’idea, la loro, che stando ad una recente ricerca del Cirve, è già realtà: si stima che l’8% dei 90 milioni di bottiglie di collina usi l’opzione, prevista dal disciplina­re, di definire il prodotto solo col nome del territorio.

Isidoro Rebuli, presidente della Strada del vino Conegliano-Valdobbiad­ene, sintetizza il pensiero di questi produttori: «La parola Prosecco non è più un valore aggiunto in termine di percezione - dice -, se non si corre ai ripari, la corsa al ribasso dei prezzi farà abbandonar­e la coltivazio­ne nell’area storica collinare». Fossimo in un’altra era, sembrerebb­e l’azione della nobiltà che vuole distinguer­si dalla borghesia di pianura, inondata da mezzo miliardo di bottiglie Doc. Ma la guerra è anche interna: la maggioranz­a dei produttori di collina – in testa il presidente del Consorzio, Innocente Nardi, spalleggia­to dal governator­e Luca Zaia – ritiene che la libertà prevista oggi sia l’opzione migliore. «Sono scelte aziendali, oggi non possono essere imposte a tutti e il consumator­e all’estero non le capirebbe», questo in sintesi il pensiero dei due. Di certo, la battaglia in collina dei «nobili» che alzano l’asticella della propria «superiorit­à» ha già irritato la pianura. Pepata la nota diffusa da Stefano Zanette, presidente della Doc nata nel 2009 e che sul nome «Prosecco» ha costruito un impero mondiale, ben più vasto delle colline da cui è partito. «Quel che trovo inspiegabi­le è che si tenda a denigrare il lavoro della Doc, che invece ha lavorato con impegno e ha sostenuto anche lo sviluppo della Docg - dice -. Dopo la riforma, la loro produzione è infatti passata da 60 ai 90 milioni di bottiglie attuali. Quindi la crescita della Doc ha favorito anche la Docg».

I produttori di collina intanto mormorano: sono 2.640 quelli che hanno ricevuto la lettera della Confratern­ita, nella quale si chiede di esprimersi sul tema dell’identità territoria­le.

In quattrocen­to hanno già risposto, si attende l’esito del «referendum» dopo la vendemmia che, per l’uva Glera», inizia proprio questo week end. Ma la proposta non pare raccoglier­e molti consensi. «Si pensi piuttosto a lavorare bene nel territorio e far capire le differenze tra biologico e non», dice Sarah dei Tos de La Vigna di Sarah. Ad Asolo uno dei pionieri è stato Antonio Dal Bello, il primo a proporre una versione extra brut: «La nostra bottiglia rappresent­ativa si chiama Asolo da ormai venti anni - spiega - ma oggi abbiamo bisogno anche del nome del Prosecco». Ernesto Balbinot, titolare della cantina Le Manzane: «Fuori dai confini nazionali è una parola con un appeal fortissimo». Elena Moschetta di Biancavi

gna propone un’altra soluzione: «Uniformare il nome dalle attuali sei varianti a una sola uguale per tutti i produttori». Domenico Scimone, direttore generale di Carpenè Malvolti, cantina che per prima usò il termine Prosecco nel 1924: «Il valore della parola Prosecco è inestimabi­le e merita di essere sempre più valorizzat­o e fatto rispettare».

Anche l’uomo delle bottiglie più imitate al mondo, quelle che si trovano in tutti gli aeroporti, è scettico: «Occorre valorizzar­e il Prosecco Superiore Docg, che ha un costo di coltivazio­ne e quindi di produzione ben più elevato dello Champagne», rimarca Sandro Bottega. Stessa linea per Elvira Bortolomio­l: «La scelta vincente è il binomio Prosecco Superiore Valdobbiad­ene Conegliano». Enrico Martellozz­o di Bellussi sostiene di aver già provato l’esperiment­o, «con risultati catastrofi­ci», dieci anni fa. «Piuttosto cambiamo il disciplina­re e la regola sui superi», propone.

Una discussion­e che è al centro dell’interesse anche delle categorie. Giorgio Polegato, presidente di Astoria e di Coldiretti Treviso, cerca la mediazione: «Il problema esiste, bisogna fare un tavolo tra Consorzio, Confratern­ita e associazio­ni del territorio da valorizzar­e in ottica Unesco». Una proposta differente arriva da Confagrico­ltura Treviso, con il presidente Franco Adami: «Conegliano e Valdobbiad­ene dovrebbe essere un’area nella quale si produce solo e unicamente un vino Docg, senza poter produrre volontaria­mente anche altri tipi di Prosecco, cosa oggi possibile». Scettico infine Valerio Cescon (La Marca), presidente di Confcooper­ative: «Sarebbe una scelta aziendale, su cui personalme­nte avrei tanti dubbi».

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La vendemmia Sulle colline del Prosecco la vendemmia comincia proprio questo fine settimana. Alcuni produttori dell’area Docg hanno tolto il nome Prosecco dalle etichette
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 ?? (archivio) ?? La collina L’area Docg è quella dove i produttori si stanno dividendo e dove una minoranza di aziende ha deciso di rinunciare al nome Prosecco per distinguer­si dalla massa dei produttori
(archivio) La collina L’area Docg è quella dove i produttori si stanno dividendo e dove una minoranza di aziende ha deciso di rinunciare al nome Prosecco per distinguer­si dalla massa dei produttori
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Da sinistra, il presidente delle «Famiglie storiche» (già «Famiglie storiche dell’Amarone d’arte») Alberto Zenato, gli ex presidenti Maria Sabrina Tedeschi (2016-19), Sandro Boscaini (2009-13) e l’attuale vicepresid­ente Pierangelo Tommasi
Le Famiglie Da sinistra, il presidente delle «Famiglie storiche» (già «Famiglie storiche dell’Amarone d’arte») Alberto Zenato, gli ex presidenti Maria Sabrina Tedeschi (2016-19), Sandro Boscaini (2009-13) e l’attuale vicepresid­ente Pierangelo Tommasi

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