Corriere di Verona

Quell’idea nata tra nove amici che amavano lo scianco

- L. F.

Al rione Carega funziona così: se fai l’elettricis­ta per tutti sei «Scossa», se fai l’orologiaio sei «Lancetta», se invece fai borse di pelle e di nome fai Paolo, non puoi che essere «Paolo Pelle». Paolo Avigo e il fratello Dario in Carega vi hanno messo radici dal 1985, da quando vi si trasferiro­no con la loro bottega artigiana di borse. A Pescantina, dove son nati e cresciuti, il gioco di strada, oltre al pallone, era lo «Scianco»; la «Lippa» come lo chiamano quelli che amano parlar bene: «Il nome cambia a seconda della geografia – racconta Paolo – A Verona è lo “Scianco”, a Quinzano il “Cirinèl”, a Pescantina “Pirinèl”. E così via». Qualcosa lo «Scianco» fa frullare nella testa di Paolo: «È un gioco antichissi­mo che risale alla XI e XII dinastia egizia. Si gioca un po’ ovunque, le regole di base son le stesse. In una scena de “I Soliti Ignoti” a Roma ci sono i ragazzini che giocano a la “Nizza”. A fine anni ’80 a Meda Lamellina in provincia di Pavia dettero vita al Palio della Ciaramela (l’appellativ­o indigeno della Lippa): pensavamo a qualcosa di simile, ma non se ne fece nulla». Nel 2002 Paolo è in vacanza nelle Cinqueterr­e: «Trovai un bel manico di legno e mi misi a giocare a Scianco con mio figlio. Tornato a Verona, rispolvera­i la vecchia idea: ne parlammo in osteria, ci confrontam­mo con i vecchi giocatori: ci riunimmo in un’associazio­ne che un caro amico, il compianto Gianni Pachera, battezzò Associazio­ne Giochi Antichi». Paolo da allora ne è il presidente. Il 6 ottobre del 2002 si gioca in Cortile Mercato Vecchio il primo torneo Città di Verona: «Fu un successo. Scoprimmo altre realtà come ad esempio la “Palla Pugno”, o “Pallone con Bracciale”. Il Leopardi dedicò un’ode a Didimi, il più forte giocatore dell’epoca; Goethe descrisse le partite tra nobili veronesi: Via Pallone si chiama così, perché era lì che si giocava». Il 2003 scatta la seconda edizione del Città di Verona, ma ha cambiato nome: ora si chiama Tocatì. «Fu Lorenzo Bassotto a dargli il nome: “Volemo che i xuga, no che i guarda. Dai Toca a Tì adesso…!”». Far giocare la gente in strada e nei cortili. Lo spirito era, ed è, quello. E così nacque il primo Tocatì. Gianni Burato, altra bella anima che ci ha lasciati, disegnò il logo». Otto giochi nel 2003, trentadue l’anno dopo, portati dalla comunità ludiche. Giunto alla 17ma edizione, il Tocatì è oggi un evento di portata internazio­nale ed è candidato Unesco al Registro delle Buone Pratiche per la salvaguard­ia del patrimonio immaterial­e: «Non avrei mai pensato potessimo arrivare a tanto. All’Osteria Le Petarine è esposta la targa storica del Tocatì, un’idea nata e condivisa tra amici tanti anni fa davanti a un bicchiere di vino: eravamo in nove, tutto quello che vediamo oggi, lo dedichiamo a chi non è più qui, ma rimarrà sempre con noi».

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