Corriere di Verona

«Case di riposo, stipendi da alzare»

La Cgil sull’emergenza personale: no all’organizzaz­ione stile catena di montaggio

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(d.o.) L’appello non è caduto nel vuoto. Anzi, da qualche parte, le reazioni ci sono state, e vivaci. Perché c’è chi ha preso le parole dei direttori di alcune tra le più importanti case di riposo come una sorta di alibi. Quello degli operatori sanitari «non è un lavoro per tutti?». Come a dire, manca la motivazion­e? Forse bisognereb­be pagarlo di più o, almeno, far sì che il lavoro sia meno stressante. Una polemica che nasce dopo l’invito, da parte dei direttori dell’Istituto Assistenza Anziani, della Pia Opera Ciccarelli e delle case di riposo di Peschiera (istituto Pederzoli), Bardolino (Villa Serena) e Caprino (Villa Spada) a partecipar­e alle selezioni per i corsi regionali che, seppur organizzat­i per la prima volta dopo cinque anni, non stanno riscuotend­o entusiasmo.

L’obiezione arriva dalla Cgil - Funzione pubblica, per bocca della segretaria Sonia Todesco. «Le condizioni di lavoro degli operatori nelle case di riposo — sottolinea — stanno diventando sempre più difficili per fatica e stress. E non parlo solo di operatori socio sanitari, ma anche di infermieri. Tutto questo, a causa di vere o presunte difficoltà economiche che spingono le case di riposo ad allinearsi sullo standard minimo di personale previsto dalla Regione».

Una tesi, che viene parzialmen­te rigettata dai direttori, i quali hanno sottolinea­to di prevedere una presenza di operatori sempre maggiore rispetto al «minimo sindacale» di quattro operatori ogni dieci ospiti. Ma non c’è solo l’aspetto numerico. «Lo stress e le malattie aumentano — prosegue Todesco — nella sola sede “Al Parco” (ex Villa Monga, ndr) dell’Istituto assistenza anziani, nel mese di luglio si sono contate 217 giornate di malattia su dieci reparti». Per la Cgil pesano «il numero minimo di personale in servizio» ma anche il clima lavorativo «con poca valorizzaz­ione del personale che, talvolta, è addirittur­a sotto attacco» (e qui vengono citati i 33 provvedime­nti disciplina­ri, con tanto di denuncia penale), scattati in occasione dell’ultimo sciopero. «Va superata l’organizzaz­ione a catena di montaggio — conclude Todesco — per recuperare umanità nella cura e nella relazione tra e con i lavoratori. Poi, proviamo a pagarli dignitosam­ente. Forse così eviteremo di stupirci sul come mai questa profession­e non è più appetibile».

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