Corriere di Verona

Morto in crociera fidanzata disperata «Soccorsi tardivi» Matteo, 33 anni, è caduto da una scaletta

- Andrea Pistore

Un piccolo taglio provocato da un crostaceo ha innescato una tragedia. E’ forte la rabbia tra i parenti di Matteo Sartori, il trentatree­nne che viveva con la fidanzata a Fossò nel veneziano e che è rimasto vittima di un incidente tanto assurdo quanto fatale mentre era in crociera al largo delle coste dell’Albania.

Sonia Marcato, assessore comunale a Correzzola, piccolo paese a sud-ovest della provincia di Padova, è la donna che negli ultimi sette giorni ha vissuto tutti gli istanti della drammatica vicenda. «Io e Matteo stavamo per sposarci. Sono passata dall’organizzaz­ione delle nozze a quella del suo funerale. E’ un qualcosa di inconcepib­ile. Sono disperata», racconta con un filo di voce che tradisce disperazio­ne, amarezza e rancore. La storia ha avuto inizio sabato scorso verso le 22.30 quando Matteo e Sonia erano impegnati nell’ultima cena di gala all’interno della nave Msc Crociere che fa servizio tra l’Italia, la Grecia e i paesi balcanici. Sartori, mentre mangiava in uno dei ristoranti dell’imbarcazio­ne, si è provocato una piccola escoriazio­ne accidental­e al dito con il guscio di un frutto di mare ed ha deciso di tornare nella sua cabina per applicarci un cerotto.

L’uomo però soffriva di emofobia, la cosiddetta paura del sangue che provoca svenimenti alla vista di una ferita, e mentre camminava verso la stanza ha avuto un malore all’inizio di una scala che porta ai vari ponti della nave: cadendo ha battuto violenteme­nte la testa, causandosi un vasto ematoma al cranio e perdendo conoscenza. Assistito in pochi minuti dal personale medico di bordo, il suo quadro clinico è apparso molto grave, tanto che il capitano ha richiesto l’intervento d’urgenza di un elicottero del soccorso albanese. Non essendoci a disposizio­ne un mezzo idoneo per il volo notturno, il gigante del mare ha cambiato rotta e si è diretta verso il porto di Durazzo da dove è partita anche una motovedett­a per il trasporto sanitario.

I due natanti si sono incontrati al largo ed è stato fatto il primo trasbordo. Il trentatree­nne è stato portato a terra, stabilizza­to, poi visitato nel pronto soccorso della città dell’ex Jugoslavia e infine spostato nel cuore della notte a Tirana dove, una volta intubato, è rimasto in rianimazio­ne per quasi tre giorni.

Martedì, grazie all’aiuto dell’ambasciata e di un medico italiano, è stato deciso il suo trasferime­nto al Sant’Antonio di Padova con un volo che ha fatto scalo a Brescia. Sartori, giunto in Italia già in condizioni ormai disperate, è poi deceduto giovedì nel nosocomio euganeo senza essersi mai ripreso da quel fortissimo colpo in testa. «In Albania non hanno le attrezzatu­re per affrontare questo tipo di emergenze. Non sono riusciti a venire a prendere Matteo con un elicottero ed è stato perso troppo tempo. Siamo stati lasciati in balia di noi stessi e del mare. Lui era una persona splendida, benvoluta e apprezzata. Da quando è successa la disgrazia non riesco più a dormire nella nostra casa e mi sono trasferita dai miei genitori. Abbiamo donato gli organi, per la data dei funerali è ancora presto. Fare causa a Msc? La famiglia non ci ha ancora pensato, valuteremo nei prossimi giorni. Matteo Sartori e la fidanzata Sonia Marcato in una foto che li ritrae felici, insieme Il giovane, 33 anni, viveva a Fossò, in provincia di Venezia. È morto in seguito a un incidente avvenuto su una nave da crociera al largo delle coste albanesi Ora è il momento del dolore. Non ho voglia di dire altro», ha poi spiegato Sonia Marcato.

Originario di Piove di Sacco dov’era anche un volto noto del calcio amatoriale locale, l’uomo lavorava come macchinist­a alla Sistemi Territoria­li e con la sua fidanzata da qualche tempo aveva preso casa nel veneziano.

Per quanto riguarda Msc, interpella­ta, la nota azienda leader mondiale nel campo delle crociere si è riservata di approfondi­re tutto il corso degli eventi per chiarire la sua posizione in merito a quanto accaduto. La famiglia dell’uomo (al momento) ha puntando il dito solo sull’apparato di soccorso messo in campo dalle autorità albanesi, ritenuto inadeguato.

Padova «I genitori di Eleonora avevano il preciso dovere di attivarsi per garantire alla figlia il diritto primario, quello di vivere. Invece hanno fatto tutto quanto era in loro potere per sottrarre Eleonora alle cure che la potevano guarire, sia direttamen­te, negando il consenso che giuridicam­ente spettava loro esprimere, sia indirettam­ente, lasciando Eleonora in una falsa convinzion­e di guarigione che, per quanto dicevano, sarebbe arrivata solo evitando la chemio che invece l’avrebbe uccisa». E’ forse questa, tra le 51 pagine delle motivazion­i della sentenza di condanna per i genitori di Elena Bottaro, morta a 18 anni di leucemia, la frase più pregnante scritta dalla giudice.

La malattia poteva essere curata ma i genitori non si fidavano dei medici, della lobby delle case farmaceuti­che, erano convinti di essere i possessori dell’unica verità: Eleonora poteva guarire con vitamine e cortisone. E’ il metodo Hamer, medico tedesco radiato per aver diffuso una teoria antiscient­ifica. La colpa dei genitori è di «aver rifiutato le cure non per loro stessi ma per la figlia, l’ordinament­o non pone il diritto di vita o di morte dei figli nelle mani dei genitori, al contrario i genitori sono custodi della vita dei figli, che hanno l’obbligo di proteggere». (R.Pol.).

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