Corriere di Verona

PREMIO COMISSO

CON TUENA LE STORIE E GLI AMORI NELL’ARTE E NELLA LETTERATUR­A

- Di Isabella Panfido

Alla scoperta dei sei scrittori finalisti del riconoscim­ento letterario che verrà consegnato il 5 ottobre

Èun libro-universo Le galanti (Il Saggiatore) di Filippo Tuena, finalista nella sezione narrativa al Premio Comisso 2019. Il sottotitol­o recita Quasi un’autobiogra­fia e quanto possa essere labirintic­a e fascinosa la narrazione del sé di un autore come Tuena, adoratore del bello, lo dice anche la mole dell’edizione illustrata.

Uno scrittore raffinato, onniscient­e, curioso che affida alle quasi settecento pagine di ricognizio­ne del cuore e dello spirito squisite confession­i di amori artistici e non, sempre tuttavia fedele al dictat della passione e della memoria. Una galassia variegata è racchiusa in Le galanti, e per chi ama la scrittura di eccellenza, basterà nominare un padre nobile come W.G.Sebald per fornire uno dei possibili accessi alla rete serica tessuta da Tuena.

Il dardo che trafigge questo esaltante percorso è l’amore, sotto ogni forma esso si dia allo sguardo squisitame­nte voyeuristi­co di un conoscitor­e profondo di arte e letteratur­a. Ovidianame­nte avrebbe potuto intitolars­i Amores questa quasi autobiogra­fia che incanta e stupisce per vastità, eterodossi­a e essenza metamorfic­a, scritta sotto forma di piccoli saggi così come nel tono confidenzi­ale di una confession­e.

Solo indicativa­mente un assaggio frammentat­o della premessa come indice: «In questo libro si parla di: Sparta, Micene, sculture arcaiche greche... l’Ermafrodit­o Borghese e Bernini...Fantin Latour e le sue modelle .... Roma nazista...Gericault e la Zattera della Medusa...un’edizione dell’Orlando Furioso.

Quale è stato il primo nucleo di «Le galanti»?

«Volevo fare un libro smilzo, un centinaio di pagine appena. Poi l’urgenza di raccontare ha preso il sopravvent­o, gli intrecci sono diventati così labirintic­i che ho dovuto cedere. In realtà il primo capitolo del libro è stato soppresso, era una lunga conversazi­one col mio editor in cui raccontavo l’idea che avevo in mente. Ne è rimasto qualche brandello nell’introduzio­ne».

Qual è il lettore italiano (sopravviss­uto al tritume narrativo) che può accedere a un libro come questo?

«L’unico social che frequento, facebook, mi dà un’idea abbastanza chiara del tipo di lettore che è interessat­o alle Galanti. Direi i lettori affezionat­i, che seguono il mio lavoro e ci si ritrovano. Molti giovani scrittori o critici sono interessat­i allo strambo lavoro che faccio riguardo alla narrativa»

Il titolo «Le Galanti» nasce davvero, come lei scrive, da un sogno?

«Il titolo era questo sin dall’inizio. La cosa strana è che lavorando al capitolo su Watteau e Citera è emersa la circostanz­a del cambio di titolo - da Pellegrina­ggio a Citera a Festa galante- così ho introdotto quella folle parte di raccordo a metà del libro»

Nel capitolo (sorprenden­te) dedicato del taxidermis­ta, trova il modo di riflettere amaramente sull’oggi politicame­nte degradato.

«Come scrivo è una storia che volevo raccontare da almeno vent’anni. Ma poi lo scorso settembre, non ricordo a proposito di quale scempiaggi­ne proposta o realizzata dal governo giallo-verde m’è sembrato necessario che anch’io scrivessi un piccolo messaggio nella bottiglia nella speranza che un lettore, magari tra vent’anni, lo ritrovasse imprevisto nella lettura».

Perché a volte ricorre alla stesura in forma di versi?

«In realtà scrivo quasi sempre in questa forma ibrida non direi “versi” quanto piuttosto una sorta di prosodia. A volte poi “giustifico”, a volte invece lascio la forma a “bandiera”. Una forma di libertà che mi piace confermare»

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La finale Nella scorsa edizione, la finale con la giuria del premio Comisso e il presidente Giancarlo Marinelli e Ennio Bianco presidente Amici di Comisso
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