«Ci legano le colpe dei padri ma ora la protesta è più soft»
Paolo Cacciari: «Noi agivamo in un contesto di repressione poliziesca»
«La frattura generazionale, la contestazione, l’imputazione delle responsabilità ai “padri”, ma a cambiare oggi rispetto ad allora sono le forme dell’agitazione. Noi agivamo in un contesto politico, sociale, istituzionale caratterizzato da oppressione e repressione anche di tipo poliziesco, oggi il contesto è meno violento dunque cambiano anche le forme di protesta».
Paolo Cacciari negli anni Settanta era in prima fila a sostenere le ragioni della lotta del 1968.
Prima la militanza in Potere Operaio poi la tessera del Pci che lo ha portato a diventare a 26 anni capogruppo del Partito Comunista in consiglio comunale a Venezia. Da qui l’impegno politico che lo ha portato a ricoprire l’incarico di assessore all’Ambiente del Comune di Venezia e vicesindaco nel 1983 fino a diventare deputato per Prc.
Giornalista, è autore tra l’altro di «Pensare la decrescita. Equità e sostenibilità» (Intra Moenia), «La società dei beni comuni» (Ediesse), si occupa di questioni ambientali, beni comuni, economia solidale; ora è responsabile del Dipartimento beni comuni del movimento DeMa.
Cacciari, quali sono i punti in comune tra il movimento del ’68 e il nuovo movimento a difesa del clima che si è creato attorno alla figura di Greta Thunberg?
«Oggi come allora è ben presente la responsabilità dei padri, a loro è dovuto il collasso ambientale e anche questi ragazzi, come noi allora, sono piuttosto arrabbiati. Siamo di fronte a una rottura generazionale. Le forme della protesta sono meno violente perché meno oppressiva è la società oggi. Quanto ai contenuti, quelli di oggi sono in parte diversi. Dico in parte perché nel ’68 erano già presenti i temi ambientali anche se solo in alcuni gruppi che poi hanno dato vita ai Verdi in Francia e in Germania. Allora i temi ambientali non erano però centrali, in primo piano c’erano quelli sociali. I ragazzi oggi però hanno ben presente la connessione tra giustizia ambientale
e giustizia sociale, la connessione è forte in Friday For Future ad esempio».
Oggi saranno migliaia gli studenti che scenderanno in piazza. Si può dare a questa nuova ondata la qualifica di rivoluzionaria? «È un movimento che presenta tante sfaccettature. Rivoluzionari sono stati gli attivisti di “Extintion Rebellion” quando in aprile hanno occupato il ponte di Londra, ma lo sono stati anche gli attivisti che hanno occupato il Red Carpet a Venezia in occasione della Mostra del Cinema. In Germania sono state occupate le miniere di Car
bone. Poi c’è l’anima che punta alle tecnologie green, alla conversione ecologica sul versante dell’innovazione scientifica, e altri che si concentrano su stili di vita e comportamenti individuali. Servono tutte queste anime, l’attacco ai meccanismi strutturali, all’economia capitalistica dal punto di vista ideologico e della riconversione industriale».
Allora, nel ’68 le istituzioni erano contro, oggi ci sono presidi e docenti al fianco del nuovo movimento.
«Non sarei così sicuro dell’appoggio della scuola al movimento. Certo ha avuto un peso l’appoggio dato dal ministro all’Istruzione Lorenzo Fioramonti, persona da me molto apprezzata e legato ai temi della decrescita, però non sono così convinto che docenti e dirigenti scolastici abbiano ben presenti questi temi, gli insegnanti che introducono temi ambientali nell’insegnamento sono eccezioni. Nel 2015 in occasione degli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici abbiamo cercato di coinvolgere varie scuole di Venezia oltre al liceo Guggenheim ma non ci siamo riusciti».
Ci ricorda qualche azione o manifestazione per l’ambiente in passato a cui lei ha partecipato?
«I primi movimenti ambientalisti in laguna sono nati nelle fabbriche di Porto Marghera, con la lotta al cloruro di vinile cvm, il processo Casson, la guerra al fosgene durata fino agli anni Duemila. Poi c’è stata la lotta per costruire i parchi contro l’avanzare del cemento a Mestre di cui mi sono occupato durante il mio impegno amministrativo: sono nati il Bosco di Mestre, la Bissuola. E ancora la lotta contro l’inquinamento per realizzare il passante di Mestre».
Cacciari Anche questi ragazzi, come noi negli anni Settanta, sono piuttosto arrabbiati Siamo di fronte a una rottura generazionale