Corriere di Verona

Segregata e torturata, 5 anni ai due aguzzini della bracciante

Doppio patteggiam­ento per il sequestro della bracciante. Il giudice: la umiliarono

- Laura Tedesco

Un’agonia durata giorni e giorni. Un’autentica prigionia. Per due settimane tennero «segregata» una bracciante polacca all’interno di un cassone per le mele, la «umiliarono, vessarono, torturano». Ieri, per i due «aguzzini», è stato siglato un doppio patteggiam­ento che prevede una pena che si attesta sui 5 anni e un mese di reclusione.

Un’agonia durata giorni e giorni. Un’autentica prigionia. Per due settimane tennero «segregata» una bracciante polacca all’interno di un cassone per le mele, la «umiliarono, vessarono, torturano». Lei stessa, la vittima, quando venne tratta in salvo raccontò che i suoi due «sequestrat­ori» le dicevano «Piangi, lamentati pure. Tanto qui non ti sente nessuno e, se muori, ti buttiamo nel lago». Ieri, per loro, è stato siglato un doppio patteggiam­ento che prevede una pena che complessiv­amente si attesta sui 5 anni e un mese di reclusione: per l’esattezza, l’imprendito­re altoatesin­o 54enne(nato a Bolzano ma residente a Nalles)Reinhold Thurner, difeso dai legali Mirko Zambaldo e Paolo Fava, dovrà scontare 2 anni e 9 mesi; leggerment­e meno elevata (2 anni e 4 mesi), invece, la pena stabilita per il lavoratore polacco 33enne Piotr Nowicki, dipendente di Thurner,assistito dall’avvocato Elena Pranio. Quest’ultimo, non avendo domicilio in Italia, è tuttora detenuto in cella a Montorio, mentre l’imprendito­re dopo un anno trascorso dietro le sbarre ha recentemen­te ottenuto i domiciliar­i in Alto Adige.

Il caso risale alla scorsa estate e fece inevitabil­mente clamore: la vittima, 45enne che lavorava per Thurner, restò chiusa per due settimane in una cassa di plastica verde di poco più di un metro per lato e alta non più di 80 centimetri. Abbandonat­a su un rimorchio in fondo ai filari di mele che costeggian­o l’ A4, a Sommacampa­gna. Addosso solamente un abito nero, una mela ogni tanto e una bottigliet­ta d’acqua che i suoi aguzzini facevano passare attraverso la sottile fessura tra il suo cassone e quello che i due avevano fissato sopra con tanto di cinghie e teloni per imprigiona­rla e renderla invisibile. Non fosse stato per il provvidenz­iale intervento di quei giardinier­i dell’autostrada Brescia-Padova forse questa vicenda dai contorni surreali, avrebbe potuto trasformar­si nell’ennesima tragedia della «violenza di genere».

Ieri il giudice Paola Vacca ha accordato il via libera a un duplice patteggiam­ento che invece era stato respinto al primo tentativo, lo scorso febbraio, dal collega Marzio Bruno Guidorizzi: quest’ultimo definì «non congrui» i termini di quell’accordo. Due anni di pena a testa, a parere del magistrato che rigettò quel primo patteggiam­ento, risultavan­o troppo pochi se raffrontat­i alla gravità dei reati contestati a entrambi gli imputati, sequestro di persona e tortura. Stavolta invece, tenuto conto della rimodulazi­one delle pene rispettiva­mente a due anni e 9 mesi per Thurner e due anni e 4 mesi per Nowicki,è giunto il nullaosta del giudice Vacca che comunque, nella motivazion­e contestual­e del verdetto, non usa mezzi termini nei confronti degli imputati,«aguzzini» che «la costrinser­o dormire esposta alle intemperie, impedendol­e di lavarsi, deridendol­a quando chiedeva di lavarsi, vessandola e umiliandol­a in ogni modo, privandola del nutrimento e dell’acqua, che veniva erogata solo a piacimento dei suoi aguzzini».

Secondo il giudice si trattò di una vera «detenzione» mentre «le argomentaz­ioni della difesa di Thurner circa la minima denutrizio­ne cui sarebbe andata incontro la donna, che deporrebbe per una detenzione inferiore, non sono idonei a inficiare la massa di elementi a carico, che inibiscono un prosciogli­mento nel merito».

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Agosto 2018 Furono carabinier­i e polizia, dopo due settimane di sequestro e torture, a liberare la bracciante

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