Smog, i killer sono le polveri Pm2,5 «Attaccano i polmoni e il cuore»
Pur in calo, provocano migliaia di morti. L’esperto: «Stop alle stufe a legna e a pellet»
Non è vero che le misure antismog, come il blocco dei mezzi no kat, la sostituzione dei vecchi bus e la scelta di impianti termici eco-compatibili, non servono. «La verità è che le polveri sottili si stanno riducendo — annuncia il professor Vincenzo Baldo, docente di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Padova — e probabilmente si deve a un cambio di abitudini da parte della popolazione».
In effetti l’Agenzia Ambientale Europea indica per l’Italia una riduzione del Pm10 del 14%, un -16% di PM2,5 e un -27% di ossidi di azoto. Stesso trend rilevato dal 2008 al 2017 dall’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), secondo cui il PM10 cala di 0,8 grammi per metro cubo d’aria l’anno e il Pm2,5 di 0,7.
«Lo si deve a più fattori: il ricorso a fotovoltaico e gas naturale, un uso più consapevole dell’auto, la diffusione di combustibili meno inquinanti, la scelta di impianti di riscaldamento eco-compatibili. E attenzione, proprio le fonti di calore forniscono un contributo importante all’inquinamento: soprattutto le stufe a legna e gli impianti a pellet, che portano le polveri sottili anche nel Bellunese (l’unica provincia veneta sotto la soglia d’allarme, ndr). Certo, il traffico gioca la sua parte, ma in forma minore».
Sempre secondo l’Agenzia Ambientale Europea le emissioni di particolato da traffico veicolare da usura, in particolare di freni e pneumatici, e da abrasione del manto stradale, diventa più importante. Così come crescono le emissioni di polveri e idrocarburi legate all’incremento della combustione di biomassa legnosa nel settore domestico, alla base del 50% dell’inquinamento generale.
«In questo quadro l’inquinante più pericoloso per l’uomo è il Pm2,5, particelle più piccole del Pm10 e in grado di penetrare negli alveoli polmonari. E non solo: il particolato fine, inalabile e assorbibile, arriva anche all’apparato cardiovascolare, danneggiandolo. Il PM2,5 può entrare in circolo».
Con quali conseguenze?
«Se raggiunge i polmoni nel breve termine causa problemi di respirazione. Durante i picchi di emissione di Pm2,5, i Pronto Soccorso registrano un aumento di pazienti con asma, sintomi respiratori, aggravamento di patologie croniche cardiorespiratorie. Nel lungo termine, l’esposizione prolungata al particolato fine può indurre tumore al polmone, perché quando arriva agli alveoli polmonari l’organismo non riesce più a eliminarlo. Ma è causa anche di angina grave e infarto. L’Oms stima oltre 60mila decessi all’anno, in Italia, per l’esposizione alle polveri sottili e il 3% della mortalità cardiorespiratoria. Secondo altri studi, lo smog provoca pure il diabete e l’invecchiamento cutaneo».
La «Fondazione sviluppo sostenibile» denuncia 91mila morti premature all’anno per inquinamento atmosferico: 66.630 dovute al PM2,5; 21.040 al disossido di azoto e 3.380 all’ozono. Il PM2,5 uccide di più a Milano, Napoli, Taranto e nelle zone industriali di Priolo, Mantova, Modena, Ferrara, Venezia, Padova e Treviso.
«La Pianura Padana è l’area più inquinata, soprattutto intorno a Milano e fra Venezia e Padova. Il clima incide in maniera significativa sulla stasi delle concentrazioni di polveri, che pioggia e vento spazzano via, e di conseguenza sulla salute dell’uomo. Le ondate di calore, così come la siccità e le piogge frequenti, hanno un peso sempre maggiore sul quadro generale».
A causa dell’esposizione al PM2,5 ogni residente in Italia perde 9,7 mesi di vita, che per i residenti del Nord diventano 14 mesi. Avete rilevato nell’aria nuovi inquinanti?
«Al momento no, anche perché non sapremmo cosa cercare. Sono sotto monitoraggio, oltre a PM10 e Pm2,5, il carbonio e i suoi derivati, il biossido di zolfo e l’ozono, inquinante che cresce sensibilmente durante l’estate. Quanto alle altre fonti di inquinamento, ricordiamo l’agricoltura, responsabile del 96% delle emissioni di ammoniaca, e l’industria, per le emissioni di zolfo e composti organici volatili».
Più gruppi di ricerca hanno evidenziato la necessità per l’agricoltura di promuovere interventi volti a ridurre l’azoto in eccesso nei terreni. Sul fronte dell’industria, nel 2010 si è osservata una diminuzione del biossido di azoto conseguente alla crisi economica, che ha ridotto numero e attività delle industrie. Soprattutto nel Nordest.
«Il contrasto all’inquinamento coinvolge una serie di interventi su vari fronti. Vanno considerate più variabili, per esempio cosa circonda una città, se industrie o campi, il numero di veicoli circolanti, il tipo di impianti termici. Insomma, è necessario uno sforzo congiunto e costante».
Baldo/1 Un cambio di abitudini della popolazione abbatte le polveri
Baldo/2 Nel lungo termine il Pm2,5 può indurre tumore al polmone