«Non ha maltrattato i nostri figli» La mamme difendono il maestro ma era già finito nei guai a Treviso
A due passi dal centro culturale islamico, nel quartiere dell’Arcella a Padova, il pakistano Shamaion scuote la testa ripensando all’imam Hossain Shahadat, arrestato martedì dalla polizia con l’accusa di aver maltrattato i bambini ai quali dava lezioni di Corano. «L’Islam dice di trattare tutti con rispetto: i piccoli non vanno picchiati», sentenzia Sahmaion.
La procura è convinta di avere in mano prove schiaccianti contro il «maestro». Oggi verrà interrogato dal gip e lì si capirà come intende difendersi. Per ora a prendere le sue parti ci pensa buona parte dei genitori dei suoi piccoli allievi. Vicino al Bangladesh Cultural Center c’è infatti una scuola elementare con un’altissima percentuale di studenti bengalesi: tra loro ci sono le presunte vittime dei maltrattamenti. O almeno ci dovrebbero essere, visto che tutti negano.
Ayesha arriva all’istituto intorno a mezzogiorno, per prendere sua figlia che ha otto anni e da un paio di mesi, la domenica e il sabato pomeriggio, aveva proprio Hossain Shahadat come insegnante di arabo. «È un buon maestro, non picchierebbe mai un bambino. Spero possa uscire presto di prigione, anche perché sua moglie è incinta...». A questo punto è la figlia a interromperla per assicurare che «io al maestro voglio bene, mi manca perché mi ha sempre trattata bene».
Cambiano i volti di queste mamme, in alcuni casi nascosti dal niqab, il velo che lascia scoperti soltanto gli occhi. Ma la versione è sempre la stessa: «L’imam non è un violento, mia figlia non è mai stata picchiata», assicura Kazesmefeol. «Ho tre figli che hanno frequentato le sue lezioni di arabo - spiega Thamina - e mi giurano di non averlo mai visto alzare le mani una sola volta. Magari strillava, se qualche bambino si comportava male. Ma in fondo, questo lo fanno anche le insegnanti della scuola...».
Uddin, un giovane papà, è più cauto: «Se davvero hanno prove schiaccianti, mi chiedo come mai Shahadat si sia comportato così. Forse non I genitori Le mamme musulmani dei piccoli allievi dell’imam, negano che ci siano state delle violenze sapeva che in Italia è vietato punire in quel modo gli studenti che disturbano...».
Mentre stanno emergendo nuovi dettagli dell’inchiesta, i responsabili del Centro culturale sembrano però meno convinti nel difendere il «maestro». Se nelle prime ore si dicevano sicuri della sua innocenza, ieri hanno fatto trapelare la possibilità di dargli il benservito, oltre alla decisione di sospendere - almeno temporaneamente - le lezioni di Corano.
Una scelta, quella di «licenziare» l’imam, che era già stata presa alcuni mesi fa dal Centro culturale bengalese di Treviso in cui Shahadat aveva lavorato prima di trasferirsi a Padova. «Era arrivato l’anno scorso ed è rimasto con noi fino alla primavera», ricorda Shamir Hossain, il referente della struttura trevigiana. «Ci era stato consigliato da un suo zio, che era imam a Vicenza. Per quanto sia giovane, aveva i requisiti e gli avevamo dato una possibilità. All’inizio si era comportato bene, ma dopo qualche mese abbiamo ricevuto alcune segnalazioni, da parte di genitori e di alcuni insegnanti: le sue imposizioni erano eccessive. Per il timore che la situazione peggiorasse abbiamo deciso di sostituirlo, anche se non siamo mai arrivati al punto di fare una denuncia: in fondo, qui non maltrattava i bambini, le sue erano aggressioni solamente verbali».
Il giudizio di Shamir Hossain è netto: «Condanniamo quanto accaduto a Padova. I bambini non si toccano, non è accettabile. Non deve succedere né qui né altrove. Quel tipo di atteggiamento non ha nulla a che vedere con il Corano o con la nostra religione».
Il referente del centro culturale della comunità bengalese di Treviso si spinge fino a proporre di istituire un ente di controllo nazionale per gli imam: «L’unione islamica italiana potrebbe prevedere una certificazione per chi ricopre questo ruolo e tenere un registro aggiornato, così che ogni moschea possa avere un punto di riferimento nello scegliere queste figure importanti nell’insegnamento, per evitare che si verifichino episodi come quelli di Padova e di Pieve di Soligo».