Richiamati i parroci in pensione
Il crollo delle vocazioni In tutto il Nordest seminari decimati: solo venti nuove ordinazioni, di cui sei a Verona Mancano sempre più preti, i vescovi: «Sacerdoti stranieri? Non è la soluzione». Laici in campo
Prima cinquanta, poi quaranta, poi trenta. L’anno prossimo, tra Pasqua e Pentecoste, quando le diocesi celebreranno il rito dell’ordinazione, rischiano di essere meno di venti. Tra alti e bassi, il trend è evidente: le vocazioni al sacerdozio, nel giro di vent’anni, sono colate a picco. Insomma, se c’è un «mestiere» che soffre del problema del turn-over è proprio quello del prete. Tanto che le diocesi venete ora pensano di richiamare in servizio i sacerdoti in pensione.
Prima cinquanta, poi quaranta, poi trenta. L’anno prossimo, tra Pasqua e Pentecoste, quando le diocesi celebreranno il rito dell’ordinazione, rischiano di essere meno di venti. Tra alti e bassi, il trend è evidente: le vocazioni al sacerdozio, nel giro di vent’anni, sono colate a picco. Insomma, se c’è un «mestiere» che soffre del problema del turn-over è proprio quello del prete: un fenomeno risaputo, evidenziato dai numeri che emergono dall’indagine dell’Osret, l’Osservatorio socioreligioso del Triveneto che ha sede a Vicenza, che ha raccolto il numero dei religiosi presenti nelle diocesi di Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia (che per la Chiesa cattolica italiana formano un’unica regione ecclesiastica) dal 1996 in poi.
Dati che dimostrano un inesorabile declino. Ventitré anni fa i sacerdoti presenti nel Nordest erano 5.861, nel 2016 (ultimo anno conteggiato), 4.132. Quelli freschi di ordinazione 57 (41 nelle sole diocesi del Veneto, inclusa quella di Pordenone - Concordia), l’anno successivo 64, di cui 50 in Veneto. Un dato sceso, nel 2016, a 38 (28 in Veneto), che ha raggiunto il minimo storico nel 2013: 27 «preti novelli» nel Nordest, 21 nelle diocesi venete. Ma i record sono fatti per essere battuti, così l’anno successivo, secondo la stima della Conferenza episcopale del Triveneto, il numero da Bressanone a Trieste, rischia di scendere sotto i 20, con molte diocesi che non vedranno nemmeno un’ordinazione. Quasi un terzo, sei, verranno ordinati a Verona, che ha il seminario più affollato di tutta l’area. La Chiesa reagisce al fenomeno con praticità e una certa fiducia, con la convinzione che non si arriverà a un «punto di non ritorno».
Del resto, è vero che il calo è palpabile in Italia (dove, in vent’anni, si sono «persi» tremila preti) e in Europa, dove il «saldo» è -28mila, ma sono aumentati di ventimila unità, se si contano le presenze in tutto il mondo. E proprio dagli altri continenti sta arrivando un «rinforzo» importante: sono 1.178 i sacerdoti stranieri presenti in Italia, ovvero oltre uno su trenta. In molti (circa 800) sono «fidei donum», giunti per breve esperienza nelle parrocchie, ma molti decidono di rimanere. Ma alcuni vescovi hanno preso posizione al riguardo: per monsignor Claudio Cipolla, a capo della diocesi patavina, «la risposta alla crisi delle vocazioni non possono essere i preti stranieri». Parole che sono suonate come un monito alla chiesa locale di non cadere nella tentazione di trovare facili soluzioni.Un altro possibile aiuto può arrivare dai preti «in pensione» (il ritiro, per i sacerdoti, scatta tardi: a 75 anni). Di recente, la diocesi di Treviso, ne ha richiamati in servizio sette. Preti che non ritornano a fare i parroci, ma che diventano assistenti nelle parrocchie da loro rette o, spesso, in quella di origine. «Quello del collaboratore parrocchiale è un compito prezioso — spiega monsignor Tiziano Telch, trentino, che per la Conferenza episcopale triveneta è responsabile dei seminari e si occupa, di conseguenza, delle vocazioni — un modo preziosissimo di mettersi a disposizione del territorio e del Vangelo. Spesso dai preti più anziani arrivano bellissime testimonianze vocazionali, caratterizzate dalla capacità d’ascolto e dal saper vivere in fraternità».
I numeri sempre più ridotti hanno portato le diocesi venete a riorganizzarsi sul territorio. Le parrocchie (che, nominalmente, continuano ad esistere) sono sostituite da unità parrocchiali. In questo modo, due o più sacerdoti (che normalmente risiedono nella canonica del «capoluogo») riescono a seguirne anche una decina. Infine, i diaconi. In passato figure poco conosciute (per i più si trattava di un breve «passaggio» in attesa del sacerdozio) ora, quelli permanenti, di norma sposati, giocano un ruolo sempre più attivo: alcune diocesi, come quella di Vicenza, ricorrono a loro, per la liturgia della parola nelle comunità più piccole. Sono gli unici in costante aumento: in vent’anni, in Veneto, sono più che raddoppiati, passando da 162 del 1996 ai 370 del 2016.
Claudio Cipolla
La risposta alla crisi delle vocazioni non possono essere i preti stranieri
Tiziano Telch
I preti più anziani hanno grandi capacità di ascolto e di vita in fraternità