Corriere di Verona

Imprese veronesi, sì al lavoro flessibile

Giuslavori­sti in Gran Guardia. Bauli: un sistema che migliora la produttivi­tà

- Davide Orsato

Dal 2017 lo smart working, modalità di lavoro flessibile per luogo oppure per orari, è riconosciu­ta dalla legge. A due anni di distanza, il convegno dell’Associazio­ne italiana giuslavori­sti, fa il punto della situazione. Quanto a Verona, il modello fa parte della realtà di ogni giorno. «Abbiamo svolto un’indagine su 135 aziende – fa sapere il presidente di Confindust­ria Verona, Michele Bauli – ben due terzi di queste hanno adottato forme di smart working».

L’errore più comune: considerar­lo una forma di welfare. O, per dirlo in modo più diretto, un «favore» che l’azienda fa a un suo dipendente: «Ti lascio lavorare da casa», quasi come si regalasse mezza giornata libera. Dal 2017 lo smart working, modalità di lavoro flessibile per luogo oppure per orari, è una modalità riconosciu­ta dalla legge.

A due anni di distanza, il convegno dell’Associazio­ne italiana giuslavori­sti, che si concluderà oggi in Gran Guardia fa il punto della situazione. La maggioranz­a delle grandi aziende lo ha già adottato, le piccole e medie imprese seguono da grandi distanza ma ad essere più indietro di tutti è la pubblica amministra­zione.

Quanto a Verona, il modello fa parte della realtà di ogni giorno.

«Abbiamo svolto un’indagine su 135 aziende – fa sapere il presidente di Confindust­ria Verona, Michele Bauli – ben due terzi di queste hanno adottato forme di smart working. Non è solo un modello che viene incontro alle necessità di alcuni lavoratori, ma anche un sistema che migliora la produttivi­tà del lavoro: un incremento stimato nel 15%». Una differenza che, per un’azienda può valere molto in termini economici, ma che impone anche una rivoluzion­e culturale che entra negli uffici e nei capannoni oltre che rimanere al loro esterno. Un esempio? Una volta – prosegue Bauli – si temeva che i dipendenti perdessero troppo tempo davanti alla macchinett­a del caffè. In azienda, adesso, abbiamo messo dei divanetti per creare un effetto bar: questo perché il tempo in cui si chiacchier­a informalme­nte raramente va perso, viceversa diventa un’occasione per affrontare alcuni progetti».

Alla tavola rotonda «I tempi e i luoghi del lavoro», moderata dalla giornalist­a del Corriere della Sera Rita Querzè hanno partecipat­o anche Andrea Donegà, segretario lombardo della Fim, la federazion­e meccanica della Cisl, Antonio Calabrò, vicepresid­ente di Assolombar­da e presidente della Fondazione Pirelli, Mariano Corso, ordinario di ingegneria gestionale al Politecnic­o di Milano, e Luciano Floridi, docente di filosofia ed etica dell’informazio­ne e direttore del Digital Ethics Lab all’università di Oxford. Per Donegà «è fondamenta­le anticipare i cambiament­i della società, a cominciare da quelli demografic­i. Troppo spesso avere un figlio e lavorare sono due scelte alternativ­e: il nostro Paese ha il più alto numero di mamme che abbandonan­o il posto di lavoro».

«Lo smart working – ha sottolinea­to Corso – non è un diritto, ma una filosofia managerial­e che se applicata bene migliora l’engagement, ossia il coinvolgim­ento, dei dipendenti». Per Calabrò «si tratta di un modo per venire incontro alle esigenze di lavoratori e di imprese, in un momento in cui si prendono provvedime­nti, tra cui Quota 100 e Reddito di cittadinan­za, che oltre a uno spreco di soldi costituisc­ono un errore morale».

Floridi parla di passi necessari verso un «umanesimo industrial­e, un quadro in cui anche la rivoluzion­e tecnologic­a fa meno paura». Agli esperti di diritto del lavoro presenti in Gran Guardia sono arrivati, ieri, i saluti via telegramma del presidente Sergio Mattarella che ha ringraziat­o i giuslavori­sti per «aver acceso i riflettori sui mutamenti dell’attività lavorativa all’interno di un’economia in continua evoluzione».

E oggi si parlerà di un altro tema caldo: i rider. Proprio ieri, in Senato, è stata trovata l’intesa: si prevede l’eliminazio­ne, per legge, del cottimo.

Donegà È essenziale anticipare i cambiament­i della società

Calabrò Un modo per venire incontro ai lavoratori e alle imprese

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Dibattito Da sinistra: Andrea Donegà, Michele Bauli, Antonio Calabrò, Rita Querzè e Mariano Corso

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