«Bpvi, Zigliotto chiese il via libera di Zonin prima di fare la baciata da dieci milioni»
L’ex presidente chiede il dissequestro di una chiesetta nel Chianti: pronti 30 mila euro
Le azioni finanziate di Zigliotto e la richiesta di via libera preventivo da Zonin prima dell’operazione. Zonin che poi incontra di persona l’imprenditore Bernardini De Pace che insisteva per chiudere una «baciata». Se il nodo fondamentale da dipanare, nel processo in corso a Vicenza, rispetto alle operazioni che formano la base del crac Bpvi è quanto il cda e lo stesso ex presidente Gianni Zonin sapessero, l’udienza di ieri qualcosa rischia di aver detto. Perché ha fatto emergere alcuni episodi specifici.
A raccontarli è stato Alessandro Balboni, da fine 2008 responsabile della direzione corporate Bpvi e dal 2015 alla divisione crediti (in sostituzione di Paolo Marin) di cui è diventato vice responsabile. Incalzato dalle domande del pm Gianni Pipeschi, Balboni tira fuori casi concreti. Come quello dell’imprenditore Alfredo Bernardini De Pace, che si era rivolto direttamente al presidente Gianni Zonin a fine marzo 2015, con gli ispettore Bce già nel quartier generale. Con Zonin «innervosito per il problema da gestire con il cliente», sono le parole di Balboni, che parla dell’incontro tra il presidente e il cliente a cui aveva partecipato. «Ma non ho mai parlato di baciate con Zonin» preciserà il testimone poi, rispondendo ai legali degli imputati.
Di Bernardini De Pace racconta di come, per fare «una cortesia alla banca», avesse fatto operazioni di capitale finanziato per un milione di euro, venendo rassicurato che sarebbero state estinte. Proprio dopo il colloquio con Zonin Bernardini De Pace aveva ottenuto di spostare l’operazione su una sua società, così come verrà deliberato poi dal cda. E Zonin, a dire di Balboni, non si era mostrato stupito di fronte all’emergere del caso di capitale finanziato.
E poi la vicenda di Giuseppe Zigliotto. Il già presidente di Confindustria Vicenza quando, nel 2012, decide, «per il bene della banca», di acquistare ulteriori azioni per 10 milioni di euro, lo fa, dice Balboni, solo «dopo essersi sincerato che Zonin sapesse dell’operazione e fosse d’accordo (su questo aspetto verrà rassicurato da Sorato)». Zigliotto, fuori dall’aula, prova a dare la sua spiegazione: «In quel periodo i rapporti con Zonin non erano buoni e quell’atto di cortesia poteva essere visto dal presidente come atto ostile, come tentativo di mettermi in rilievo nel cda. Del resto sarei stato il consigliere con più azioni».
Ma guai a chiamarla con il suo nome quell’operazione, e cioè «baciata»: «Era un’operazione trasparente di acquisto azioni, come sapeva Zonin. Che fosse una baciata l’ho scoperto dopo anche io» ha detto l’imprenditore che si chiede perché non vi siano sul banco degli imputati anche gli altri membri del cda che hanno comprato azioni.
E a proposito dell’ex presidente (assente in aula) il suo legale Enrico Ambrosetti ha chiesto il dissequestro di uno dei beni su cui le parti civili avevano ottenuto di mettere i sigilli e cioè una chiesetta a Radda in Chianti, in Toscana, vincolata dalla Soprintendenza, che una società straniera vorrebbe restaurare. In base a una perizia la difesa ha formulato un’offerta di cauzione di 30mila euro. Il tribunale ha nominato un archietto per valutare il valore dell’immobile.