Corriere di Verona

La colza che ha bonificato Chernobyl, e la scarpa magica

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Poter avere i superpoter­i delle piante! Ci penso da quando ho intervista­to Stefano Mancuso ed Emanuele Coccia, le due «menti verdi» che stanno provando a farci vedere in modo diverso il mondo vegetale. Con me ci sono riusciti. Tutto è iniziato con una mostra, La nazione delle piante alla Triennale di Milano (conclusa l’1 settembre), insieme a Broken Nature, la scommessa della curatrice Paola Antonelli sul design e su noi umani, prossimi all’estinzione. Mancuso però, che è direttore del Laboratori­o internazio­nale di Neurobiolo­gia vegetale, e autore di due libri pubblicati da Laterza (La nazione delle piante, appunto, e L’incredibil­e viaggio delle piante), ha scelto di incantare con una mostra luna-park, molto amata anche per i selfie Instagram (ovviamente), bombardand­oci con informazio­ni sul mondo green sin dall’entrata. Sapevate, ad esempio, che le piante sono l’85% della biomassa, ovvero di tutto quello che è vivo? Mentre l’uomo, insieme alle altre specie animali, arriva solo allo 0,3%? «Basterebbe questo», dice Mancuso, «per convincerc­i in modo inequivoca­bile della superiorit­à delle piante, o quanto meno delle loro migliori capacità di adattament­o». E poi, ci sono i loro superpoter­i, lei li chiama proprio così. «Non è forse un superpoter­e la capacità di ricavare tutta l’energia di cui si ha bisogno dal sole? Pensi: le basterebbe mettersi alla luce, e non avrebbe più bisogno di mangiare». La fotosintes­i, certo. Ma le piante hanno sicurament­e altri super-poteri. Ce ne racconti un altro. «A m e, ad esempio, piacerebbe, Stefano Mancuso Filosofo Emanuele Coccia Scrittore Richard Powers come loro, avere funzioni diffuse per respirare, e ragionare, con tutto il corpo; invece dei nostri organi semplici o doppi, che se si rompono creano solo problemi». Le piante sono poi sagge e democratic­he, non si fanno problemi di porti chiusi o aperti, di confini. «Dovremmo imparare da loro. La capacità di migrare è una caratteris­tica ineludibil­e degli esseri viventi. Tutti. Limitare qualunque cosa viva all’interno di un perimetro preciso vuol dire condannarl­a all’estinzione. Il nostro pianeta è mutevole e variabile, da sempre, e le piante si adeguano: si spostano. Vanno dove è più facile sopravvive­re». Si muovono anche adesso, con il riscaldame­nto globale, la nostra grande emergenza? «SoOgni passo può essere un inciampo, o un riscatto. Non solo simbolicam­ente. Nel lungo cammino che ha accompagna­to gli anni devastanti del dopo Chernobyl gli scienziati hanno scoperto che la colza ha la capacità di assorbire le radiazioni. Così fra Ucraina e Bielorussi­a le piante hanno curato il proprio ambiente: 50 mila ettari seminati lo hanno adesso. Per colpa del global warming che è causato da attività umane, e, se siamo onesti, attività umane della parte più ricca del pianeta. Ma basta un aumento della temperatur­a di mezzo grado, quasi ininfluent­e per noi, a far sì che centinaia di chilometri nel Sahel non siano più coltivabil­i, e questo vuol dire che, per forza, animali e uomini e Con arte

In basso, da sinistra: l’installazi­one di Klaus Littmann nello stadio di Klagenfurt e il progetto dell’anfiteatro verde a Milano in parte bonificato. Poi l’incidente di Fukushima ed è nato il progetto dell’artista anglo giapponese Sputniko! che con la designer Masaya Kushino ha creato una scarpa che a ogni passo semina colza, «Healing Fukushima\nanohana heels», una rinascita possibile.

piante migreranno. Per sopravvive­re». Anche in Europa? «Io vivo a Firenze: da qualche tempo qui in città sono arrivati i parrocchet­ti verdi, mai visti prima. E, quando vado in vacanza in Sicilia, in pescheria vedo sempre più spesso i barracuda. Dunque, come possiamo pensare di impedire all’uomo quello che non possiamo impedire a piante e animali? La capacità di migrare, ripeto, fa parte della sopravvive­nza della specie». Capire le piante e la loro saggezza vuol dire anprattutt­o che circondars­i di piante? «Certo. Anzi, dovremmo coprire di piante le nostre città. Ben vengano i Boschi Verticali, i grattaciel­i-giardino costruiti da Boeri a Milano e ora copiati in tutto il mondo. Ben vengano le piante nei nostri appartamen­ti, dentro, fuori, ovunque». Lei ne ha, di piante a casa? «Mentre le parlo sto proprio guardando il mio terrazzo, che è una piccola giungla: ci sono le sanseverie, i gerani, le rose, le margherite, le edere, un cipressino… E dentro, mi piacciono le piante con grandi foglie: i ficus, ad

A me piacerebbe avere, come loro, funzioni diffuse con tutto il corpo. Perché i nostri organi si rompono

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Professore
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