Corriere di Verona

C’è l’ok al taglio dei parlamenta­ri Veneti compatti

Feltrin: «Voto provincial­e frantumato»

- M.Za.

A ranghi serrati. I più tenendo serrati anche i denti. L’auto amputazion­e votata ieri invia definitiva alla Camera che porta a 400 da 630 i deputati e a 200 i senatori (da 315) ha riscosso una quasi unanimità (solo 14 i no e due gli astenuti contro 553 sì). Molti deputati del Pd puntualizz­ano che a convincerl­i all’assenso è stata la promessa (sottoscrit­ta da tutti i capigruppo lunedì sera) di un più ampio percorso di riforma istituzion­ale. I leghisti rivendican­o la loro lealtà e correttezz­a. Gli unici veneti genuinamen­te giubilanti sono i pentastell­ati. Sarà che la riforma sul taglio dei parlamenta­ri porta il nome del trentino d’origine veneta Riccardo Fraccaro e che il neo ministro ai rapporti col Parlamento, Federico D’Incà ne è stato il grande tessitore, fatto sta che la vittoria in aula parla un po’ anche veneto. Che poi, lo ammette il veneziano Alvise Maniero, l’impatto elettorale sul Movimento in regione sarà «disastroso».

Eppure, ricorda Maniero, è un giorno da festeggiar­e: «Non esiste una riforma perfetta e, non essendo illetterat­i istituzion­ali come qualcuno crede, sappiamo che è solo il primo passo, che ora ci sarà la nuova legge elettorale da stendere, la riforma dei regolament­i delle Camere, i collegi da ripensare e, aggiungo, una riflession­e sul ruolo stesso del parlamenta­re. Eppure questo voto è l’ennesima prova per chi ci ha irriso per anni che si poteva fare e l’abbiamo fatto». Che succederà ora? Soprattutt­o in regione dove le ultime europee hanno ridotto il Movimento al lumicino nella patria della Lega? Che impatto sul Veneto? «Non abbiamo mai ragionato sul numero di portavoce che possiamo esprimere ma su come rispondere­mo alle istanze dei cittadini. Il Veneto va ascoltato con enorme attenzione anche perché è il cuore produttivo del paese. Se non abbiamo un alto consenso significa che dobbiamo lavorare meglio. E a Roma potremmo lavorare meglio scegliendo un modello all’americana che non mi dispiacere­bbe: un numero più esiguo di rappresent­anti ma con un ufficio più ampio per supportare le richieste del territorio».

Una sponda arriva, quasi insperata, da un altro veneto, l’azzurro bellunese Dario Bond: «Diciamo la verità, il Parlamento produce poco. Non a caso i consigli regionali si fanno impugnare 17 leggi al mese mentre in commission­e parlamenta­re ci si ritrova in 50 e più magari per bere il caffè». Un sì onesto al taglio, insomma. Angela Colmellere, leghista trevigiana non nasconde d’essere un po’ preoccupat­a per il rischio di scarsa rappresent­atività di alcuni territori ma difende la correttezz­a del voto a favore: «E sull’impatto che la Lega vedrà in regione non dormiremo sugli allori». Leali all’accordo, in questo caso di maggioranz­a, i veneti del Pd. «Certo, non eravamo convinti - ammette il veneziano Nicola Pellicani - ma è stato fatto un accordo di maggioranz­a e va rispettato. Il valore di questo voto non è nel risparmio bensì sul più completo percorso di riforma che è stato avviato». Ma la domanda che brucia sui tavoli delle segreterie di partito è cosa succederà alla prossima tornata delle politiche. E neppure il politologo «ufficiale» del Veneto, Paolo Feltrin, azzarda una previsione: «Sono davvero troppe le variabili sul tavolo. Per dirne una, non abbiamo la più pallida idea di come vada in Veneto Italia Viva. Se drenerà voti al Pd o, chissà, a Fi. Carlo Calenda che ha lasciato il Pd e litiga con Matteo Renzi e che ha raccolto una generosa messe di preferenze con chi schiererà? Per arrivare alla vera incognita: come sarà la prossima legge elettorale? Tutti gli uninominal­i vanno ampliati togliendon­e un terzo. E l’iter per disegnarli partirà fra 3 mesi, dopo il periodo di riserva costituzio­nale per consentire un referendum. Ci sono da mettere in conto altri due mesi perché la commission­e definisca i collegi che, con tutta probabilit­à archiviera­nno il concetto di coincidenz­a con i confini provincial­i. L’unica certezza è che in Veneto non c’è storia: la maggioranz­a assoluta andrà al centro destra. I deputati passano da 50 a 32 e possiamo prevedere almeno 20 al centrodest­ra. I senatori scendono da 24 a 16 e 9 andranno al centrodest­ra». Festeggia D’Incà: «Ci sono tre gradi per valutare questa legge: dà efficienza alla nostra democrazia con un numero ridotto di parlamenta­ri, valorizza il ruolo del parlamenta­re e riduce i costi della politica».

Maniero Sarei favorevole a un sistema all’americana, meno rappresent­anti ma con staff più forti per poter incidere

Colmellere La Lega si è dimostrata corretta e leale. Salvini ha sempre difeso questo provvedime­nto e l’abbiamo votato

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy