Corriere di Verona

«Bpvi, Zonin non era certo un presidente pro-forma»

Il capo dell’ufficio soci: «Gli armadi erano pieni di richieste di vendita azioni»

- Benedetta Centin

Gianni Zonin era «il padre-padrone» della banca, quello «senza il cui consenso non si muoveva foglia». Un presidente «che sollecitav­a in ogni utile occasione la vendita delle azioni Bpvi», un presidente, come ha detto ieri, «molto forte e sempre presente, sul pezzo; non una figura formale e basta». Lo aveva riferito già nel 2015, sentito dalla procura, Filiberto Romio; e lo ha confermato e spiegato ieri in aula, nel corso dell’udienza del processo per il crac Banca Popolare di Vicenza.

Seduto sul banco dei testimoni, essendo stato dall’estate 2010 responsabi­le dell’ufficio soci, l’ex dirigente ha chiarito però che non aveva direttamen­te a che fare con il presidente (presente in aula) ma con il direttore generale Samuele Sorato che, ha spiegato, «mi contattava in ferie e nei weekend per sapere dei soci. Dati, questi, sensibili». Soci storici definiti «i clienti migliori della banca». Come la famiglia Zambon, per la quale Zonin (c’è una mail di Romio ad attestarlo) «dice di incrementa­re il possesso con 3983 azioni a testa (a Margherita ed Elena Emilia)».

E poi, nel corso della sua lunga audizione, Romio ha riferito dei problemi via via crescenti con le azioni. A partire dal 2013, quando «arrivavano montagne di richieste di vendita di azioni». Detto che c’erano state anche negli anni precedenti; ma mai così come da allora. Romio gesticola mentre racconta: «Avevamo armadi di domande di compravend­ita» e spiega che tra queste c’erano anche quelle di acquisto azioni, L’ex presidente di Bpvi, Gianni Zonin (al centro) al processo di Vicenza

per quanto limitate: «Già dal 2010 le richieste di vendita azioni erano sempre superiori a quelle di acquisto». Una falla da arginare: «Dovevamo frenare la vendita e agevolare l’acquisto», sono le parole del testimone che presentava le pratiche al comitato soci. Necessario correre ai ripari: «Se si trasmettev­ano troppe richieste di vendita rimanevano ferme, stoccate, e per noi la date, l’ordine cronologic­o, dal 2011, è diventato irrilevant­e». E si scremava: «Venivano portate in comitato soci (che si riuniva sempre più di frequente e a ridosso del cda) quelle richieste che la linea gerarchica aveva deciso. In quantità contingent­ata da quando si era verificato un aumento esponenzia­le - le parole di Romio - Dal 2011 si limitavano, dovevano essere tagliate per non creare problemi al fondo di acquisto azioni, arrivato

a 240 milioni, a livelli preoccupan­ti, vicino al massimo. E al comitato soci non si diceva che parte delle domande di vendita erano state stoccate». Un’emorragia che la banca nel 2012 aveva tentato di frenare «offrendo finanziame­nti a tassi agevolati a chi voleva liberarsi delle azioni».

E poi ci furono i fondi lussemburg­hesi. Operazione per certi versi persino troppo semplice da capire. «A fine 2012 Sorato fornì indicazion­i al vicedirett­ore Emanuele Giustini di azzerare il fondo di acquisto azioni - ha riferito Romio Piazzetta mi cercò per mettermi in contatto con alcuni broker stranieri, per l’acquisto di azioni Bpvi a favore dei loro clienti». Operazioni, queste «da fare con una fretta terribile, da chiudere contabilme­nte entro la mezzanotte del 31 dicembre 2012» a sentire il testimone, secondo il quale «era evidente che erano operazioni mirate, esclusivam­ente mirate a svuotare il fondo».

Sul banco dei testimoni anche Nicola Ferrero, che si occupava di diritto del lavoro, alla direzione di personale Bpvi. Fu lui a gestire il contenzios­o di Antonio Villa, il dipendente trevigiano che nel luglio 2013 aveva presentato licenziame­nto con effetto immediato. A giugno dell’anno dopo la lettera del suo legale, in cui si spiegava che c’era la giusta causa: Villa non voleva fare le baciate. «Era la prima volta che vedevo scritto e sentivo parlare di baciate, ma non ho approfondi­to - ha raccontato Ferrero - per me era solo un’operazione strategica per opporsi alla penale (di 70 mila euro) in cui era incorso Villa per aver violato il patto di stabilità». Bpvi riesce ad ottenere circa 50mila euro trattenend­oli dal Tfr e anche tramite pignoramen­to (con Villa che fa opposizion­e). Il 25 giugno 2014 al capo di contenzios­o arriva una mail urgente: «Problemi con Villa, al presidente (Zonin) è arrivata la lettera del legale Esini». Da Adriano Cauduro, responsabi­le del personale, arriva l’ordine di chiudere la controvers­ia prima di andare a giudizio. «Avevamo vinto - sbotta Ferrero che sembra non capacitars­ene ancora - ma Cauduro mi chiese di chiudere in tempi stretti con una transazion­e tombale, che definisse anche le rivendicaz­ioni sulle operazioni baciate». E a Villa viene restituito parte di quanto pignorato da Bpvi.

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In aula

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