Autonomia, lite anche a sinistra
Bressa: «Legge quadro? Una follia». Ma il ministro Boccia: «È la mia condizione»
Il ministro dem agli Affari regionali Francesco Boccia annuncia una legge quadro propedeutica all’autonomia e si solleva un vespaio di polemiche. Persino a sinistra. Nella legge quadro si capovolge l’ordine: autonomia, fabbisogni standard, Lep. Ma il governatore emiliano Bonaccini (del Partito democratico come Boccia) non ci sta e dice «non ha senso rallentare l’autonomia attendendo i Lep». Scettico anche l’ex sottosegretario Gianclaudio Bressa. Ma il ministro spiega: nella legge Lep e fondi ad aree disagiate, è la mia condizione».
Fissare i Lep prima di procedere con l’autonomia? La proposta del ministro dem agli Affari regionali Francesco Boccia che ribadisce come la sua legge quadro verterà (anche) su questo, manda su tutte le furie il governatore Luca Zaia ma riesce a far sbottare anche il compagno di partito e governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. «Che il Parlamento debba essere coinvolto è fuor di dubbio - dice il governatore emiliano - e anche la cornice va bene ma che non si dica che l’autonomia deve aspettare la messa in opera stessa dei Lep, anche perché diverse delle funzioni richieste non hanno nulla a che fare con ciò. Se abbassiamo il tasso ideologico della discussione un compromesso ragionevole si trova».
Non basta, oltre a un inedito «asse dei governatori», anche un altro dem, Gianclaudio Bressa (per inciso, bellunese) all’ipotesi di una legge quadro «pre autonomia» alza un sopracciglio. Del resto è a lui che si può ascrivere l’unica firma in calce alla pre intesa. Da lì in poi, buio pesto, accuse incrociate, e polemiche Nord-Sud segnate da un livello di rombo crescente. Un po’ di rammarico nel veder allontanarsi (almeno temporalmente) la meta c’è. Con buona pace della linea di partito. «La procedura è la seguente: - scandisce l’ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio - si firma l’intesa fra governo e Regione e si passa in Parlamento per il voto che recepisce la legge discussa e emendata. In caso di emendamento il governo chiama la Regione e firma l’intesa emendata. L’articolo della Costituzione spiega chiaramente cosa si deve fare. O cambiano la Costituzione o la procedura è questa».
La mossa a sorpresa di una legge quadro che faccia da cappello e blindi da un lato il sostegno al Sud (e alle aree meno sviluppate del Nord) con fondi pluriennali statali e, dall’altro, i Lep (livelli essenziali di prestazione ndr)spariglia le carte. «Il punto debole è
come si trasforma l’intesa in legge - ammette Bressa - ma l’idea di un iter approvativo ordinario non ci sta. Non è una legge ordinaria bensì una è una legge che ratifica un’intesa. Se poi i due contraenti non sono d’accordo, finisce lì. Non c’è da interpretare nulla. Vediamo che si intende ma mettere i paletti su un’intesa in astratto non ha senso, la legge cornice non vuol dire niente. Se le premesse sono queste, l’autonomia è in alto mare. Il principio fondamentale sancito dalla Costituzione è l’intesa».
Non è più del Pd da tempo ma l’ex dem Simonetta Rubinato è un’autonomista ante litteram. E vanta una memoria lunga: «La commissione Affari regionali ha approvato all’unanimità il 6 febbraio 2018 un documento su un’indagine conoscitiva proprio per capire come declinare l’articolo 116 sull’autonomia - spiega Rubinato - in cui tutti, da Bonaccini al costituzionalista siciliano Stelio Mangiameli, scartavano l’idea di una legge quadro scrivendo che “l’assenza di
una disciplina attuativa dell’articolo costituzionale sull’autonomia non è vista come ostacolo», anzi, si invocava la flessibilità. Attendiamo ancora i Lep, chissà se è la volta buona. - conclude l’ex parlamentare - La nostra regione non ha più tempo. I voti del Sud fanno gola a tutti. Era ora di scendere in piazza già col precedente governo, le segreterie dei partiti non ci concederanno mai l’autonomia. Del resto, il Gattopardo vince sempre».
La sfiducia in una soluzione rapida è un fil rouge che lega anche il tessuto produttivo veneto. Fra i più attenti osservatori delle rivendicazioni autonomiste c’è Luciano Vescovi, alla guida di Confindustria Vicenza che veste a malincuore i panni della Cassandra: «L’avevo già detto quando il premier, che allora presiedeva un altro Governo, ma pare che la musica non sia cambiata per nulla, scrisse ai giornali una lettera aperta a Zaia e Fontana avocando a sé le decisioni sul dossier autonomia. E lo ribadisco a fronte di quest’ultima
trovata fantascientifica: per il Governo il voto dei cittadini veneti non vale nulla e tutta questa pantomima è un modo sofisticato per non fare niente. A questo Governo, come al precedente, fa comodo mantenere lo status quo e i privilegi di chi spreca. Se pensano che i veneti mollino su questo tema, si sbagliano di grosso». Certo che si vada alle calende greche anche Agostino Bonomo (Confartigianato): «Un doppio passaggio in Parlamento? In Italia non facciamo mai cose semplici. Ma intanto il referendum resta inascoltato. È una sciagura. Ora si apre una strada tortuosa e inutilmente lunga».
Nel frattempo, in vista delle Regionali, gli autonomisti duri e puri si alleano. Ieri Antonio Guadagnini, consigliere regionale di Siamo Veneto ha annunciato l’asse con Grande Nord: «I partiti nazionali non possono perdere i voti del Sud, neppure la Lega, servono movimenti territoriali come il nostro».
Bonaccini Sì al coinvolgimento del Parlamento e a una cornice comune ma l’autonomia non può aspettare i Lep
Rubinato Sui Lep sarà la volta buona? Li aspettiamo da 18 anni. E la legge quadro l’avevano bocciata in commissione
Guadagnini Autonomisti insieme alle Regionali, anche con Grande Nord. I partiti nazionali non otterranno l’autonomia