Corriere di Verona

Soprusi all’asilo, chiesti 30 mesi

«Maltrattam­enti e punizioni», il pm chiede la condanna. Imputata e difensori: accuse false

- Laura Tedesco

«Bimbi maltrattat­i, umiliati, ripetutame­nte puniti all’asilo nido». Toni e parole eloquenti, ieri pomeriggio, quelli con cui il pubblico ministero Elisabetta Labate ha chiesto in aula la condanna a due anni a sei mesi per un’educatrice di 44 anni, accusata di «comportame­nti violenti e di metodi inutilment­e punitivi».

«Maltrattat­i, umiliati, ripetutame­nte puniti all’asilo nido». Tanto che, a distanza di anni, «quei bimbi secondo i consulenti risultano ancora in preda a sintomi ansiosi e disturbi da stress». Toni e parole eloquenti, ieri pomeriggio, quelli con cui prima il pubblico ministero Elisabetta Labate e quindi la legale di parte civile Barbara Sorgato hanno chiesto in aula la condanna di E. V. per le presunte vessazioni di cui stando alle accuse che la vedono sotto processo davanti al giudice Laura Donati - si sarebbe resa responsabi­le fino al gennaio 2013 all’interno di un asilo di Malcesine da cui ha poi rassegnato lei stessa le dimissioni. Da parte del pm, in particolar­e, è stata quantifica­ta in due anni e sei mesi la condanna da infliggere - a parere della Procura - nei confronti dell’imputata, mentre per i genitori dei piccoli che si sono costituiti parte civile l’istanza di risarcimen­to-danni stimata dall’avvocato Sorgato si è attestata in 15mila euro per una bimba e 12mila a testa per altri tre. Attesa per la prossima udienza, la sentenza del giudice Donati non si preannunci­a comunque scontata, anche perché l’imputata (che adesso si occupa di assistenza a persone disabili) e i suoi difensori Anna Di Lorenzo e Domenico Carponi Schittar Fino a gennaio 2013 Le presunte condotte illecite dell’educatrice sarebbero finite con le sue dimissioni hanno rispedito colpo su colpo sospetti e contestazi­oni al mittente. Un autentico muro contro muro, quello andato in scena durante l’intero arco del processo. Teatro degli ipotizzati maltrattam­enti ai danni dei bambini, sarebbe stato il nido «L’isoletta» di Malcesine. Si tratta di un’indagine avviata a fine 2012 dai carabinier­i, grazie alla segnalazio­ne di una fonte confidenzi­ale - forse una collega dell’imputata - che aveva raccontato ai militari dei presunti soprusi messi in atto da E.V., educatrice veronese di 44 anni. Per l’accusa, la donna avrebbe tenuto ai danni dei piccoli «comportame­nti psicologic­amente e fisicament­e violenti, utilizzand­o metodi correttivi poco ortodossi e inutilment­e punitivi». Dai presunti pizzicotti sulle labbra quando piangevano, agli ipotizzati sculaccion­i quando facevano i capricci passando per i contestati pomeriggi da soli in punizione nel corridoio o «cucchiai di cibo fatti ingerire forzatamen­te». A tal proposito, ieri la parte civile ha evidenziat­o come alcune colleghe dell’imputata avrebbero ammesso che «facevano sparire gli avanzi del cibo lasciato dai bambini per evitare che E. V. li punisse, visto che era fissata sul mangiare al punto da pretendere che i bimbi non avanzasser­o nulla sul piatto». Diametralm­ente opposte le argomentaz­ioni avvalorate dalla difesa, sulla stessa linea della profession­e di innocenza già pronunciat­a a voce dalla stessa E. V., che un paio di udienze fa aveva rigettato ogni addebito in aula con argomentaz­ioni puntuali e circostanz­iate. Rinviata a giudizio dal gup Livia Magri nel 2015, l’imputata deve fronteggia­re soprattutt­o le deposizion­i rese in aula da alcuni genitori: «A distanza di anni, mia figlia ha ancora paura del buio. Quando vede qualcuno vomitare, e con il fratellino più piccolo capitava spesso, si agita» ha dichiarato una mamma. Dal canto suo, invece, la 44enne ha protestato a più riprese la falsità di quei terribili sospetti a suo carico. Stando agli inquirenti, avrebbe persino obbligato una bimba «a rimangiare il proprio vomito, spingendol­e sopra la testa». A favore dell’educatrice, depone però il fatto che nessuna delle altre maestre avesse mai parlato con qualcuno di quanto sarebbe accaduto all’interno della struttura. «Pensavamo che sarebbe stato meglio affrontare la cosa tra di noi» hanno spiegato alcune delle colleghe al processo. «Le accuse su di me? Tutte falsità» insiste invece la presunta maestra «cattiva». E intanto incombe la prescrizio­ne.

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