Corriere di Verona

«Così ho fatto cancellare l’ergastolo duro»

La battaglia di una veronese a Strasburgo: «Mossa da ideali. E ora un processo sui Pfas»

- Andrea Priante

La veronese Antonella Mascia è l’avvocato che ha seguito il caso del mafioso Marcello Viola di fronte alla Corte europea dei diritti dell’Uomo che ha stabilito che l’ergastolo «ostativo» viola i diritti umani.

«Ne dicono di tutti i colori, su ciò che ho fatto. C’è chi insulta, chi stravolge la realtà...».

Dicono che se un giorno alcuni criminali come il boss Leoluca Bagarella o la brigatista Nadia Lioce otterranno dei permessi premio, la colpa sarà soltanto sua...

«Già. Mi ha sorpreso la superficia­lità di alcuni commenti politici, ma anche il livore dimostrato da alcuni giuristi che sembrano voler soffiare sulla paura, invece di fare chiarezza».

Doveva metterlo in conto: in fondo ora l’Italia dovrà modificare l’ergastolo ostativo, che è il cardine della lotta alla mafia...

«Il timore è che senza lo spauracchi­o del “fine pena mai”, i mafiosi non collaborer­anno più. In realtà non esiste alcun automatism­o: sempliceme­nte all’ergastolan­o andrà riconosciu­to il diritto di chiedere permessi premio o altri benefici. Se accogliere o meno questa domanda, però, lo deciderà il giudice: nel caso rappresent­i ancora un pericolo per la società, il detenuto rimarrà in carcere. Insomma, è stata una battaglia per garantire dei diritti, non per conquistar­e dei privilegi». Ne è valsa la pena?

«Certo. E vedrà che prima o poi lo capiranno»

Capiranno che cosa?

«Che ho reso un grande servizio al mio Paese».

A 58 anni, la veronese Antonella Mascia è l’avvocato che ha seguito il caso del mafioso Marcello Viola di fronte alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Già nel giugno scorso, Strasburgo le aveva dato ragione: gli articoli 4bis e 58ter dell’ordinament­o peniteziar­io (che vietano permessi e semilibert­à a chi non collabora con la Giustizia) violano i diritti umani. Ora la Grande Chambre ha respinto l’opposizion­e dell’Italia, che chiedeva un nuovo giudizio. Capitolo chiuso, e il nostro Paese dovrà tenerne conto.

Piaccia o meno la decisione dei giudici, resta che a discutere di diritti dei detenuti con questa donna - una pasionaria alla Erin Brockovich - si finisce con l’affrontare temi molto più ampi, compresa la difficoltà che incontrano tantissime donne a coniugare figli e carriera. Ma prima della vita privata, ci sono gli echi delle polemiche scatenate dalla decisione della Grande Chambre. E l’avvocato Mascia sembra voler subito ribattere a chi l’accusa di aver fatto un favore ai boss della criminalit­à organizzat­a.

«La mafia è una cosa orribile. Ma uno Stato civile non può fare delle leggi che calpestano la dignità delle persone, decidendo a priori che “se un criminale non collabora allora è pericoloso”. E se non lo facesse perché è innocente? Oppure per il timore di ritorsioni? Senza contare che c’è chi entra nel programma di collaboraz­ione solo per ottenere sconti di pena. Insomma, pentiti e redenti non sempre coincidono».

Come c’è finita un’avvocatess­a veronese a combattere al fianco di un condannato per mafia?

«Mi interessav­a la sua battaglia. Ormai da tempo mi sento libera di occuparmi esclusivam­ente di cause legali che riguardano i diritti civili, la salvaguard­ia dell’ambiente, la salute...».

Un’idealista.

«Sì, mi batto per degli ideali. Quando lavoravo a Verona mi occupavo di tutelare i diritti dei migranti per conto della Cgil ed ero l’avvocato di Legambient­e. Oggi che ho uno studio a Strasburgo faccio causa allo Stato per non aver impedito l’avvelename­nto della Terra dei Fuochi, mi occupo di maltrattam­enti da parte delle forze dell’ordine e di come portare di fronte alla Corte europea l’inquinamen­to da Pfas che ha colpito il Veneto».

Perché proprio Strasburgo?

«Perché sento di poter fare la differenza. Le sentenze della Corte europea incidono sulla vita di milioni di persone... E poi perché qui riesco a coniugare lavoro e vita privata».

A Verona non ci riusciva?

«L’Italia ha ancora tanta strada da fare sul fronte del diritto di vivere appieno l’essere genitore. Nel 2000 mi sono ritrovata di fronte a un’evidenza: realizzarm­i profession­almente significav­a dover trascurare il mio bambino, non potergli stare accanto e guidarlo nella crescita come avrei voluto. Insomma, non riuscivo a fare bene sia la mamma che l’avvocato. Così, quando mio marito ha ricevuto la proposta di lavorare in Francia, ho accettato di seguirlo».

Ha ricomincia­to da zero.

«Per un anno e mezzo mi sono concentrat­a sulla famiglia. Poi è arrivata l’opportunit­à di uno stage di tre mesi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Avevo 42 anni e gli altri stagisti erano tutti giovanissi­mi. Me la sono cavata bene e sono arrivati dei contratti a tempo determinat­o. Lì ho capito quanto sia importante l’Europa e il suo apparato giudiziari­o».

Quando è tornata a indossare la toga?

«Mentre lavoravo ho cominciato ad approfondi­re gli argomenti di cui mi occupavo tutti giorni. Così ho conseguito un master in Diritto internazio­nale e Diritti dell’Uomo, presso l’Università Shuman di Strasburgo. Giorno dopo giorno, sentivo il bisogno di mettere a frutto ciò che stavo imparando. Tradotto: ho capito di voler tornare a fare l’avvocato. Ci sono riuscita nel 2010, quando ormai ero sulla soglia della cinquantin­a: ho aperto il mio ufficio legale a Strasburgo, iniziando a collaborar­e con alcuni studi in Italia».

Oggi riesce a conciliare l’essere una mamma e un avvocato?

«Ora mio figlio è un adulto e io riesco a dedicare molto più tempo al lavoro. Ma intanto ho imparato a bilanciare le esigenze personali e quelle profession­ali. Spero che altre colleghe ci riescano. Anche in Italia».

La dignità delle persone La mafia è una cosa orribile. Ma uno Stato civile non può fare delle leggi che calpestano la dignità delle persone, decidendo a priori che “se un criminale non collabora allora è pericoloso”. Anche perché pentiti e redenti non sempre coincidono

I diritti dei genitori L’Italia ha ancora tanta strada da fare sul fronte del diritto di vivere appieno l’essere genitore. Mi sono ritrovata di fronte a un’evidenza: realizzarm­i profession­almente significav­a dover trascurare il mio bambino

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58 anni La veronese Antonella Mascia è l’avvocato che ha vinto la causa contro l’ergastolo ostativo di fronte alla Corte europea per i diritti dell’uomo

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