Vajont, D’Incà: «Mai più sfidare la natura, mai più commettere simili errori»
«Ogni anno il 9 ottobre il cielo è così», ricorda Cristina, giovane longaronese in prima fila alla cerimonia di commemorazione delle vittime del Vajont. Così: plumbeo, freddo e pesante, come se pure il cielo non riuscisse a scrollarsi di dosso il ricordo di ciò che accadde 56 anni fa, quando l’ondata provocata dalla caduta della frana del monte Toc nell’invaso artificiale superò la diga del Vajont e spazzò via un paese e le vite di 1910 persone. Non si può dimenticare, d’altronde, quando si cammina tra le lapidi candide del cimitero monumentale di Fortogna, che ieri pomeriggio ha ospitato la commemorazione ufficiale della più grande tragedia italiana causata dall’uomo in tempo di pace.
Una data simbolo che da otto anni ricorda tutte le vittime dei disastri ambientali. Non dimentica il neoministro per i rapporti col Parlamento, il bellunese Federico D’Incà, ospite d’onore della cerimonia. D’Incà conosce bene la tragedia del Vajont, avendola vissuta sulla pelle dei suoi familiari e avendo avuto come vicina di casa a Trichiana Tina Merlin, la giornalista che per prima denunciò, inascoltata, i rischi di quell’opera di alta ingegneria idraulica. «Mio nonno materno — ricorda D’Incà — lavorava alla Faesite (storica fabbrica di Faé, frazione di Longarone andata completamente distrutta, ndr) e quella sera finì il turno pomeridiano poco prima della tragedia. Si salvò per qualche centinaio di metri di terra. E mio nonno paterno, assieme a mio padre, fu tra i primi a compiere la pietosa opera di recupero delle salme trascinate dal Piave. Il Vajont per i Bellunesi è una memoria ancora viva». Una memoria che deve servire da monito per il futuro. «Mai più», è la formula che scandisce l’intervento di D’Incà: «Mai più sfidare la natura, mai più commettere errori simili. La memoria deve spingerci ad agire, nei piccoli gesti quotidiani come nella progettazione dei grandi investimenti, per impedire che negligenza, sete di profitto e cattiveria si antepongano al senso di responsabilità».
Ma il ricordo del Vajont non è solo memoria, si spinge sempre di più verso il presente e il futuro, come ha sottolineato nel suo intervento il sindaco di Longarone, Roberto Padrin: «L’uomo deve rispettare gli equilibri nel rapporto
con la natura e l’ambiente. Quel rapporto tornato prepotentemente di estrema attualità anche nell’ultima conferenza delle Nazioni Unite, con le parole di Greta Thumberg. Per rispettare la natura bisogna conoscerla. Quella natura che, ancora, si è ribellata ormai quasi un anno fa, qui nella nostra terra con la tempesta Vaia. Di quel 29 ottobre per la prima volta, però, siamo qui a dire che si è fatta prevenzione. L’impegno e le scelte coraggiose e responsabili delle istituzioni hanno evitato, almeno, la perdita di tante vite umane. E’ stato uno straordinario esempio di come lavorando insieme, in squadra, si possa essere vicini ai propri cittadini, aiutarli, proteggerli».