Corriere di Verona

Il ministro Boccia «Prima dell’intesa riorganizz­iamo Stato e Regioni»

Il ministro spiega i due passaggi parlamenta­ri

- di Martina Zambon

Ministro Boccia, ha ereditato la delega più cruciale, vista dal Nord che chiede l’autonomia da due anni. E la notizia di ieri su «eventuali interventi costituzio­nali»ha creato un certo scompiglio...

«L’accordo politico fatto a margine sul voto per il taglio dei parlamenta­ri incide su un concetto più vasto di autonomia che potrebbe prevedere il mettere le mani sulla Costituzio­ne per mettere a posto alcuni buchi». Quali?

«Per dirne una: abbiamo toccato il record di leggi regionali impugnate. Ho inserito nel disegno di legge possibile, oltre all’autonomia, anche la conciliazi­one Stato-Regioni perché abbiamo superato ogni limite tollerabil­e. Ambo parti. Qualcosa non funziona e va ricalibrat­o».

Stiamo dicendo che l’autonomia si inserisce in una cornice più ampia di riorganizz­azione della cinghia di trasmissio­ne fra Roma e le Regioni?

«Sì, bisogna riorganizz­are meglio lo Stato. Il processo di riforma complessiv­a del Paese riparte sulla base anche del vissuto di questi 18 anni di titolo V. Verrà fuori che qualcosa deve essere cambiato». Veniamo all’autonomia, a che punto siamo?

«A Venezia ho promesso al governator­e Luca Zaia che gli avrei trasmesso le valutazion­i sullo stato dell’arte, sulle richieste delle Regioni e i rilievi dei ministeri, cosa che ho fatto oggi (ieri ndr). Questi atti sono l’eredità del precedente governo e ci servono per far chiarezza. Non vorrei più sentire “eravamo a un passo dalla meta” perché così non è. La gran parte delle istanze erano state smontate». Si parla, ora, di doppio passaggio parlamenta­re...

«Premetto che ho apprezzato il primo incontro con la delegazion­e trattante e con il professor Bertolissi. Così come ho apprezzato il riconoscim­ento, mancante nella proposta originaria del Veneto, del meccanismo di perequazio­ne delle regioni a statuto ordinario. C’è un clima diverso: molte regioni del Sud fanno passi in avanti nel chiedere l’autonomia. E la legge quadro terrà insieme Nord e Sud ma anche alcune aree svantaggia­te anche a Nord». Quali saranno i contenuti?

«La legge quadro capovolge l’impianto “autonomia, fabbisogni standard, Lep” (livelli essenziali di prestazion­e ndr).

Per me sarà: subito i Lep o, se non ci fossero le condizioni, fabbisogni standard con il vincolo di arrivare ai Lep entro il 2020 e poi l’autonomia. Sono pronto a presentarl­a con un ddl collegato alla manovra però se siamo bravi, in questi due mesi, potremmo trovare un veicolo legislativ­o».

I Lep sono la chimera degli ultimi due decenni...

«È inqualific­abile che dal 2001 ad oggi non si siano definiti. Stanno nella Costituzio­ne, vanno fatti. Lo Stato i numeri li ha, ho già un tavolo aperto con il Mef che darà mandato a Sose». La mia impostazio­ne è una legge quadro che definisca i meccanismi con cui si riducono le diseguagli­anze, tra Nord e Sud ma anche, ad esempio, fra Belluno e Rovigo e il resto del Veneto. Per questo voglio fissare i fondi pluriennal­i di investimen­to di Mit, Mise, Mef, della presidenza del consiglio che oggi vengono attivati in base a priorità stabilite dal governo. Così, invece, i fondi saranno vincolati prioritari­amente e automatica­mente alle aree meno sviluppate».

Una volta fatta la legge quadro?

«I lavori con le delegazion­i trattanti continuano. Vorrei innestare le singole intese dentro la legge quadro. Poi si arriverà alla firma dell’intesa fra Regione ed esecutivo e si tornerà in Parlamento. E sarò il primo a difenderla. Se l’istruttori­a è ben fatta non si rischia il Vietnam in aula».

Prevede l’emendabili­tà?

«Certo ma con metodo per evitare tempi biblici. Si può pensare a un’unica commission­e, la Affari costituzio­nali come per la legge di bilancio».

Qual è, nel merito, lo scoglio maggiore?

«La scuola. Rischiamo di schiantarc­i se si pretende la regionaliz­zazione. Ma sulla garanzia di continuità dei docenti e altri temi di gestione i veneti hanno ragione da vendere».

E sempre nel merito, da dove si riparte?

«Dallo stato dell’arte appena inviato ai tre governator­i. Mi auguro tenendo i punti di accordo e lavorando alacrement­e su quelli che erano oggetto di un nulla di fatto. I margini per modificare ci sono e restano ampi».

Cosa non andava nel vecchio modello?

«Il rischio che si sostituiss­e lo statalismo centrale con uno statalismo regionale».

La legge quadro

Per tenere insieme il Paese (ma anche le aree meno sviluppate del Nord) serve prima una legge quadro che riduca le diseguagli­anze e fissi i Lep

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Ministro Il ministro agli Affari Regionali Francesco Boccia

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