Corriere di Verona

I due Chievo di Marcolini Moduli ispirati al passato per guardare al futuro

- M. S.

Diventa ciò che sei, esortava Nietzsche: il Chievo di Michele Marcolini non l’ha ancora fatto, ma è comunque sulla buona strada e nella sua lavagna tattica si riconoscon­o già il piano A e il piano B. Il piano A è pura tradizione clivense se guardiamo agli ultimi dieci anni: 4-3-1-2, cioè il modulo dentro cui Marcolini s’era mosso da gialloblù sul campo, prima con Di Carlo e poi con Pioli, e che adesso, dalla panchina, cuce addosso a Esposito e soci. Il piano B, guardando all’album di famiglia, ricorda l’abito che segnò il primo Chievo di serie A con Delneri, quello versione «Mussi Volanti»: 4-4-2. Le sette giornate di serie B in archivio, col club della Diga a quota dieci punti e un bel po’ di autostima nel serbatoio grazie alla remuntada di Livorno, raccontano di una scacchiera ch’è cambiata, nel corso delle partite, secondo quel paio di linee guida. Linee chiare, con un proprio «perché» e una gerarchia che, fin qui, non si tocca. Il Chievo della ricostruzi­one comincia i suoi 90 minuti dalla trama sui cui ha impostato tutto il lavoro estivo. Quattro difensori, i terzini che spingono, le fasce laterali su cui si creano continui triangoli fra i terzini stessi, la mezzala e l’attaccante quindi un trequartis­ta chiamato a partecipar­e, tenendosi largo, oppure (più spesso) a garantire il gioco verticale nel raccordo con le punte. A oggi, in base a quello schierarsi sul rettangolo verde, il Chievo ha potuto giostrare titolari e alternativ­e, trovandosi a disposizio­ne quasi sempre due volti per casella. Quand’è che subentra il 4-4-2? O quando il Chievo deve coprirsi meglio sull’ampiezza, specie se l’avversario va di centrocamp­o a cinque, o quando c’è da incrementa­re la spinta offensiva. Il primo scenario s’è già visto, ad esempio, a Salerno, contro il 3-5-2 di Ventura, quando l’andazzo del match ha suggerito di puntare a contenere gli incursori altrui. Il secondo è diventato d’attualità a Livorno, quando il Chievo s’è trovato a dover rimontare dall’1-3 e l’urgenza, dunque, era far sentire il proprio fiato sul collo dei toscani. In entrambi i casi, l’interno Segre va ad affiancare il regista, Obi o Esposito, e l’esterna può diventare territorio per i Vignato, Garritano o Giaccherin­i. È da questo connubio che il Chievo ricomincer­à dopo la sosta, fra due domeniche, contro l’Ascoli. Un’identità principale e una di scorta. Primo passo per diventare una squadra che, dentro il chiasso della rumba cadetta, sappia alzare la voce.

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La guida Michele Marcolini

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