Da Portogruaro a Tokyo «I miei funghi? Padovani»
Mosaici friulani e vetri di Murano: Stefano Dal Moro è lo chef dell’Antica Osteria del Ponte. Santin: «Fenomeno Amarone»
Imosaici vengono dalla Scuola Mosaicisti del Friuli e riproducono i motivi della villa Adriana a Tivoli, la presentazione della vendemmia. Il pavimento è coperto di tessere di vetro firmate Bisazza, a prova di terremoto. Anche le sedie vengono dal Friuli, i lampadari da Murano, il caminetto, del ‘500 da un’antica villa del centro Italia. La boiserie della reception? Da una farmacia milanese di fine ‘800. Alle pareti le fotografie di Alinari, molte delle quali dedicate a Venezia. Ma spostando lo sguardo l’effetto è straniante: L’Antica Osteria del Ponte è al 36esimo piano del Marunouchi Building, sotto di noi la stazione di Tokyo. Il padrone di casa è Stefano Dal Moro, 52 anni, di Portogruaro. Come è finito qui? «Quando sono arrivato in Giappone ho iniziato a lavorare per un ristorante italiano, poi ho avuto l’incarico di scegliere un locale che potesse rappresentare l’Italia. Ho pensato all’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano, con uno chef, Ezio Santin, autodidatta che ha iniziato a cucinare a 40 anni. Ed è riuscito a prendere le stelle». A Dal Moro è piaciuta questa cucina semplice ma che cambiava continuamente i piatti, non solo in base alla stagionalità: in questo Paese un menu con poche variazioni non sarebbe stato ben accettato.
«L’incontro con Stefano è stato colpo di fulmine – dice Santin - . Il mio è un lavoro artigianale, e desideravo farlo conoscere al mondo». La cucina ha un’impronta lombarda, certo, ma Dal Moro la arricchisce con prodotti da tutta Italia. «Nelle scaloppe accanto al fois gras usiamo i fagioli di Lamon, spesso si trova il radicchio tardivo di Treviso. Non è cucina lombarda pura ma aperta alle altre regioni, dai capperi di Pantelleria al riso Carnaroli di Albairate. Pensi che i funghi porcini vengono dal mercato di Padova, dal Montello. Tutti i prodotti sono importati dall’Italia, dall’aceto balsamico ai formaggi». I giapponesi apprezzano molto l’uovo in camicia con i tartufi e il foie gras. i funghi porcini, appunto, la lasagnetta di burrata e mirtilli con i funghi porcini, la burrida di pesce, la brandade di baccalà veneto con le patate
«Il consumatore giapponese è molto preparato – aggiunge Santin -. Viene apprezzato il rispetto con cui è stato fatto il locale, che non è una riproduzione dell’Italia ma è Italia. Perché piace la cucina del nostro Paese? Piace perché è pulita, i sapori sono ben distinti, senza salse. Inoltre i giapponesi amano la presentazione che da noi è sempre molto curata». E la cantina? L’Antica Osteria del Ponte vanta bottiglie per un milione di euro. «L’Amarone va molto forte, viene chiesto soprattutto dagli americani» spiega Dal Moro. «Per me l’Amarone è il re dei vini italiani», sigilla Santin. Kanpai dal 36esimo piano del Marunouchi Building.