«Lottiamo anche contro il cambiamento climatico»
Il campus Altromercato, realtà veronese «leader» del commercio equo-solidale: «Sud del mondo, il più colpito»
I coltivatori thailandesi di riso che fronteggiano parti di campo inutilizzabili e rese basse. I contadini peruviani e la produzione di banane in ambasce. I produttori marchigiani di cereali «bio» a far risuonare gli stessi allarmi.
Il campus di Altromercato è una panoramica sul commercio equo e solidale e la crisi climatica che colpisce i più vulnerabili ha dettato l’agenda della terza edizione, ieri, al Polo Santa Marta dell’università. Nato trent’anni fa a Bolzano e presieduto dal genovese Cristiano Calvi, dal ’98 Altromercato ha sede a Verona in via Francia: parliamo della più grande organizzazione di commercio equo e solidale in Italia e la seconda al mondo. «Abbiamo iniziato per una questione di giustizia, ci ribolliva il sangue quando ci raccontavano dei coyotes, gli intermediari locali che insieme alle multinazionali affamavano i produttori di caffè in Messico, e oggi con la stessa logica affrontiamo la crisi climatica che colpisce in primis i più deboli», così Calvi.
Nel tirare le fila del proprio lavoro, Altromercato ha ricordato allora come Fao, Nazioni Unite, Banca Mondiale siano «tutti concordi sul fatto che i cambiamenti climatici stanno picchiando duro sui piccoli produttori e nei prossimi trent’anni migliaia di loro dovranno abbandonare le proprie terre». Qualche risposta all’emergenza, allora? Spiega Vitoon Ruenglert Panyakul, agronomo di Green Net, realtà tailandese produttrice di riso Thai: «Noi diamo supporto tecnico-finanziario ai contadini per migliorare gestione delle acque e diversificazione delle colture». Nella zona dell’Alto Rio Huallaga in Perù, invece, è partito un progetto che mira a limitare i danni attraverso una «stazione pilota per monitorare le condizioni meteorologiche e climatiche, barriere frangivento, sistemi d’irrigazione antisiccità, produzione di humus biologico e controllo dei parassiti».
Da Federico Testa, docente all’università di Verona e presidente dell’Enea una constatazione: «Un nostro studio mostra come nel 2100 il livello del mare lungo le coste italiane si alzerà di un metro. Così molte delle banchine portuali saranno sommerse. La risposta è investire nell’innovazione». Nel riassunto di Alessandro Franceschini, vicepresidente Altromercato, un richiamo finale: «Non serve solo consumare meno plastica o chiudere l’acqua mentre laviamo i denti. Quando facciamo la spesa o viaggiamo servono scelte che diano più possibilità all’ambiente di uscire da questa spirale e rispettino i diritti dei lavoratori che, nel Sud del mondo, stanno subendo più di tutti le conseguenze del cambiamento climatico».