Faggin e il futuro «Sveglia o finiremo per scannarci»
Tecnologia, incontro con il professor Faggin. Oggi l’apertura con Ferruccio de Bortoli
Siamo immersi nell’era della tecnica ma ci sono grandi firme della tecnologia che oltre la tecnologia sentono il bisogno di andare. Sto studiando la consapevolezza come proprietà irriducibile della natura e voglio sviluppare un modello che ci aiuti a capire come l’intelligenza artificiale debba essere fatta per il nostro bene, non per quello dei ricchi che vogliono propinarci macchine, i robot, spacciate come più perfette di noi».
Classe ’41, fisico vicentino trapiantato negli Usa, a capo del team che ha inventato il microprocessore e del touchscreen, Federico Faggin è un fisico che vede nella filosofia «il ponte per unire la scienza con la spiritualità e non solo». Perché «se entro 30 anni non ci sveglieremo, capendo perché siamo umani, finiremo per scannarci, specie in questo contesto di cambiamento climatico». Con Faggin, inter«UniVerò» rogato da Sandro Boscaini (vini Masi), l’imprenditore Bruno Giordano e il professor Roberto Giacobazzi, con la moderazione di Bonifacio Pignatti de L’Arena, il festival dedicato dall’università al mondo del lavoro e in programma fino a domani al Polo Santa Marta — oggi alle 11 l’incontro con Ferruccio De Bortoli condotto dal vicedirettore del Corriere del Veneto -Corriere di Verona Massimo Mamoli — è iniziato ieri da un grande italiano all’estero che guarda al domani preoccupato: «Se parliamo di scienze Stem, acronimo per Science, Technology, Engineering and Mathematics, in Italia gli studenti sono l’1.5% del totale, negli Usa il 4.8% e in Cina il 45%. I cinesi sono leader nell’auto elettrica, nelle batterie elettriche, sono la nuova frontiera della robotica, producono quasi tutti i telefonini del mondo. Mentre gli Usa perdono la leadership nell’informatica, la Cina, avendo un serbatoio quasi infinito di persone che possono lavorare in fabbrica, si sta ulteriormente trasformando dall’era agricola a quella industriale a quella tecnologica. O ci sarà una guerra di grande distruzione o il futuro andrà lì».
E in quel futuro servirà la filosofia, dice Faggin. Lui che con la sua fondazione, negli States, finanzia chi si occupa di ciò che la fisica «trascura con un’alzata di spalle», ossia la consapevolezza, la coscienza: «L’aspetto fondamentale dell’intelligenza artificiale — dice Faggin — è capire la differenza tra le macchine e l’uomo ed è lì che si giocherà il nostro orizzonte. È impossibile portare segnali elettrici e biochimici a creare sensazioni e sentimenti. La vita è un organismo quantistico: possiamo essere in “contatto” con una persona anche a migliaia di chilometri di distanza, come succede nell’entanglement quantistico, e lì la scienza si è fermata, non capendo o rinunciando a capire le cose fondamentali».