Un Amarone «da museo»: al Mudec di Milano il De Buris di Tommasi
(a.c.) Nell’autunno 2009, Barak Obama festeggiava il primo anniversario dell’elezione a presidente degli Stati Uniti, al governo in Italia c’era ancora Berlusconi con Fini e Bossi e ci lasciava Mike Bongiorno. In quegli stessi giorni, nel vigneto La Groletta di Sant’Ambrogio di Valpolicella, veniva vendemmiata l’uva che Tommasi – adesso e solo adesso, dopo un lungo processo iniziato con centodieci giorni di appassimento e terminato con il riposo per cinque anni in botti di rovere – ha utilizzato per il suo Amarone di punta, il De Buris. «Dieci anni in cui ci siamo presi, di anno in anno, tutto il Tempo per capire, le uve, il vino e fare le scelte giuste per aggiungere alla grandezza dell’Amarone bevibilità ed eleganza, per dare inizio al rinascimento sostenibile di questo vino», spiega Giancarlo Tommasi. La seconda annata, la 2009 appunto, verrà presentata domani sera con una cena di gala al Museo delle Culture (Mudec) di Milano. Luogo scelto non per caso: il De Buris vuole essere non solo un grande vino, ma anche un progetto culturale, per cui la famiglia Tommasi ha incaricato quattro illustratori (Giacomo Bagnara, Andrea Mongia, Antonio Sortino, Alice Piaggio) di raffigurare i valori che rappresenta: non solo il tempo, ma anche il luogo e il patrimonio (De Buris è anche la dimora storica di San Pietro in Cariano, la più antica della Valpolicella, sede della cantina).
«Con De Buris - spiega ancora Giancarlo Tommasi abbiamo voluto raccontare il passaggio generazionale, ma ancor più vogliamo celebrare il territorio, a cui apparteniamo e che ci ha visti crescere, non solo con un grande Amarone ma anche con un progetto di comunicazione per noi innovativo che si rivolge ad un pubblico ampio e che richiede contenuti e valori profondi».