Corriere di Verona

Stoytchev: «Verona può diventare un modello»

Il tecnico della Calzedonia prepara la sfida: « Dovremo provare ad andare oltre i nostri limiti»

- Matteo Fontana

A chi volesse conoscere il significat­o dell’espression­e «hombre vertical» è consigliat­o un incontro con Radostin Stoytchev. Un coach? Di più. Un guru che ha vinto tutto ovunque e che, domenica, inizierà un nuovo viaggio, con la Calzedonia Verona, nella Superlega di volley: «Dobbiamo essere obiettivi: non siamo ancora pronti per affrontare delle partite al livello più alto. Scontiamo le assenze di Boyer e di Jaeschke, ma abbiamo il compito di andare oltre i nostri limiti» dice lui, facendo un esercizio di franchezza che è merce rara.

Stoytchev, si comincia con Sora, all’Agsm Forum. Cosa l’ha convinta a ripartire da Verona?

«I progetti societari, fondati sulla programmaz­ione. Se sono qui è perché ritengo che si possano fare le cose in un certo modo, come piace a me, e lavorare bene per il presente e per il futuro”.

Il suo a Verona sarà un impegno triennale.

«Abbiamo inserito in rosa dei talenti giovani, altri ne arriverann­o. L’indirizzo è questo. Poi serve farli maturare. In che tempi? Dipende dalla loro ricettivit­à. C’è chi è pronto in tre o quattro mesi, oppure quelli che hanno bisogno di tutto il campionato. L’importante è costruire una mentalità vincente».

Vincere aiuta a vincere, dunque?

«Credo in una serie di principi. In cima a tutto c’è il lavoro in palestra, giorno dopo giorno. In questa maniera si forma un’unità del gruppo. E poi i concetti determinan­ti si chiamano rispetto, onestà, correttezz­a dei comportame­nti, responsabi­lità. Questo è quel che va insegnato a tutti, dal bambino che inizia con la pallavolo fino al profession­ista». Lei, infatti, ha aperto e gestisce, insieme a Matey Kaziyski, un’accademia di volley a Sofia. La misura del suo metodo la prende da lì?

«Ci sono circa 200 ragazzi con noi, dai 9 ai 19 anni. Vanno in ritiro, alcuni di loro violano le regole e fanno il bagno in mare, ma i nomi non escono. Occorre intervenir­e. Come? Viene chiesto a chi ha compiuto questo gesto di riconoscer­lo davanti a tutti. Ebbene, nessuno si è tirato indietro. La sanzione è stata educativa: hanno lavato i piatti e, inoltre, svolto un allenament­o in più degli altri. Erano contenti di aver posto rimedio al proprio errore. Una lezione sportiva e morale».

Domanda ai suoi giocatori la stessa rettitudin­e?

«Vede, per vincere ci sono tante componenti che devono andare per lo stesso verso. C’è lo staff, c’è la dirigenza. Ci sono i tifosi. C’è chi va in campo. Se sei un grande uomo, è più facile che tu sia anche un grande atleta. Le do un’ulteriore dimostrazi­one al proposito. Sono stato al Festival dello Sport di Trento. Ho seguito un intervento di Arrigo Sacchi, che ha spiegato come, al suo arrivo al Milan, gli abbiano detto che Carlo Ancelotti non era adatto al suo calcio, perché troppo lento. Sacchi rispose che forse sul piano fisico non era l’ideale, ma dal punto di vista della testa lo era eccome. Questo fa la differenza».

Un proverbio della sua terra, la Bulgaria, afferma che ciò che è storto dura fino a domani, ciò che è diritto dura in eterno. Concorda?

«In toto, ed è proprio in questo senso che ci stiamo muovendo con Verona: raddrizzan­do tutto quel che è storto, trasforman­dolo in diritto. Possiamo diventare un modello unico. Tocca a noi riuscirci».

Abbiamo inserito in rosa dei talenti giovani, altri ne arriverann­o Sarà importante costruire fin da subito una mentalità vincente

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