Corriere di Verona

«Lavoro, la sfida è investire di più nel capitale umano»

De Bortoli: il nodo del gender gap. Il rettore: aprirsi al territorio

- di Matteo Sorio

Il capitale umano? «Non vi stiamo investendo abbastanza». La formazione in Italia? «Se non fosse buona non avremmo così tanti italiani di successo volati all’estero dopo la laurea». Domanda e offerta nel mercato del lavoro? «Nel Nordest il 50 per cento dei profili cercati dalle aziende manifattur­iere non sono coperti da un’offerta sufficient­e. Dovremmo interrogar­ci. E dovremmo anche offrire profili sapendo che i temi di sostenibil­ità ambientale e sociale delle produzioni saranno sempre più importanti».

A toccare quei punti, Ferruccio de Bortoli. È stato lui, già due volte direttore del Corriere della Sera (di cui è oggi editoriali­sta) e del Sole 24 Ore, ora presidente della casa editrice Longanesi, ad aprire il primo giorno ufficiale di «Univerò – Festival del placement». La rassegna dell’università di Verona propone fino a domani incontri, workshop e dibattiti sul mondo del lavoro al Polo Santa Marta.

Così ieri il rettore, Pier Francesco Nocini, nel suo saluto prima del dibattito con de Bortoli condotto da Massimo Mamoli, vicedirett­ore del Corriere del Veneto: «Dobbiamo aprirci alla città, integrarci con il territorio e il tessuto produttivo se vogliamo che i giovani siano il nostro investimen­to». Un invito, inclusivo, a lavorare insieme per il bene della comunità. A ruota il professor Tommaso dalla Massara, delegato del rettore all’Orientamen­to e alle strategie occupazion­ali: «Con Univerò cerchiamo di prospettar­e idee per il futuro, tutte le conoscenze di confine sembrano avere lo sviluppo potenziale più marcato nei prossimi decenni e anche questo festival crescerà ulteriorme­nte nei prossimi anni».

Dopo i saluti di Francesca Zivelonghi, presidente di Esu, dell’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan, (che ha lodato il festival per come tratta «le discipline scientific­he con un approccio multidisci­plinare innovativo») e del sindaco Federico Sboarina («Anche la politica deve occuparsi più di formazione», ha detto), de Bortoli si è soffermato sul tema «Ci salveremo? Università, lavoro e riscossa civica».

Riflession­e che prende spunto dal suo ultimo libro: «Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica». Una riscossa che per de Bortoli passa dalla lotta contro idee come «fare economie sul costo del lavoro dei giovani, che invece incarnano un investimen­to: la flessibili­tà non può essere l’inganno di chi ti usa perché costi poco e poi ti può mandare via quando vuole, questo è un sistema che lascia detriti destinati ad accompaal gnare la persona in tutta la sua carriera profession­ale». Certo, la flessibili­tà è un concetto esistente, ma da declinare sotto altre forme: «Nei profili profession­ali più giovani, l’idea di una stabilità di lavoro non è più qualcosa d’irrinuncia­bile. Molte aziende faticano a trattenere i ragazzi di fronte al loro desiderio di fare più esperienze. Forse, allora, bisognereb­be pensare a impieghi “mobili” di per sé, con percorsi profession­ali che cambino negli anni, offrendo contempo gli strumenti formativi per prepararsi a tali profession­i intermitte­nti».

Interrogat­o da Mamoli sul fronte del capitale umano, secondo de Bortoli in generale «non stiamo investendo quanto necessario, anzi, ogni anno il Paese destina molti più soldi per pagare i debiti pregressi di quanti ne investa nella scuola: un Paese così, ovviamente, è destinato al declino». Parla di un paradosso, de Bortoli: «Mai come oggi gli italiani che lavorano all’estero, quasi sempre formati in scuole e università pubbliche italiane, hanno tanto successo nei diversi ambiti di business. Basta scorrere gli organigram­mi delle multinazio­nali americane o canadesi». Incalzato sul perché si parli poco dei buoni esempi per spronare i giovani a restare, de Bortoli sottolinea che «purtroppo il cattivo esempio da sempre ha una portata romanzesca superiore, ma dobbiamo insistere perché quei buoni esempi sono tanti». Una riflession­e sulla «gerontocra­zia italiana», un’altra sulle «famiglie imprendito­riali che purtroppo faticano a distinguer­e i destini della famiglia da quelli dell’impresa». Un invito a porre come prioritari­o il tema del gender gap, la non parità di genere nei diversi ambiti sociali e profession­ali. E poi ancora riflession­i su quella «classe politica italiana che nel momento in cui si aprivano le barriere s’è chiusa in se stessa, imitata da grandi personaggi, anche veneti, che dopo aver fatto un’ottima carriera hanno pensato che il mondo finisse con loro».

Le nuove generazion­i, ancora. De Bortoli si dice «favorevole al voto ai sedicenni per trasmetter­e la bellezza del diritto al voto, della partecipaz­ione, specie in un’Italia dove si dà un peso politico eccessivo all’astensione: avendo un elettorato medio molto vasto, si rischia che siano iper-rappresent­ate le istanze della popolazion­e anziana e sottorappr­esentate quelle dei più giovani».

De Bortoli

«Mai come oggi gli italiani all’estero hanno successo nei diversi ambiti di business»

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Ferruccio de Bortoli in dialogo con Massimo Mamoli
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Inaugurazi­one di Univerò: da sinistra Pier Francesco Nocini, Elena Zivelonghi, Elena Donazzan, Federico Sboarina
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Un momento dei lavori

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