Quando il ministro bocciò l’idea: «La città non è idonea»
Era il 2003, quando a Verona balenò per la prima volta l’idea di un Cpt, un centro di permanenza temporanea poi ribattezzato anche in virtù della poca temporaneità di permanenza degli «ospiti» - in Cie, centro d’identificazione ed espulsione. Allora si parlò di un polo da 400 posti, oppure due da duecento. Fu fatto sciogliere come neve al sole dalle polemiche, quel progetto. E dovettero trascorrere altri 5 anni perché se ne tornasse a parlare. Era il luglio di 11 anni fa. Ministro dell’Interno Roberto Maroni, sindaco di Verona Flavio Tosi. Un asse che all’epoca sembrava d’acciaio, il loro. Anche nei rapporti di forza all’interno della Lega, che aveva fatto della sicurezza il proprio vangelo amministrativo. Maroni aveva chiesto di indicare per ogni regione un sito dove creare un centro clandestini. «Se ti serve - disse undici anni fa Tosi all’allora ministro - Il centro lo potremo fare a Verona». Si pensò alle caserme dismesse. «Piuttosto che diventino rifugi di sbandati meglio che vengano trasformate in centri che sono controllati», analizzò Tosi. Che mise però dei paletti. «Se lo facciamo qui, il centro dovrà essere una struttura detentiva, come è giusto che sia. Una struttura simile a quella carceraria. A Verona il carcere c’è. E non dà fastidio a nessuno. Ecco, il Cie dovrà essere così». Bastarono due giorni a Maroni per rispondere che «Verona non mi pare tra le soluzioni più idonee. Nè per la presenza di un Cie, nè per un centro temporaneo». A febbraio dello stesso anno, però, il progetto riprese quota. Si ventilò che potesse sorgere a Boscomantico, poi nell’area dismessa dell’esercito a ridosso dell’aeroporto Catullo, con l’allora sindaco di Villafranca Mario Faccioli, quota An, che si dichiarò «pronto alle barricate» per non farlo sorgere. Intervenne Alberto Giorgetti, all’epoca sottosegretario, dicendo a Faccioli di «mettersi il cuore in pace, se la scelta cadrà su Villafranca se ne deve fare una ragione». Molto rumore per nulla, visto che di quel centro si smise anche di parlarne. Fino all’altro giorno. Con l’assessore Polato che ha ripreso i ragionamenti di Tosi, per avere «espulsioni più rapide». «Corsi e ricorsi della storia», li chiamava Giambattista Vico. Resta solo da vedere se ci sarà lo stesso finale.