Viktor und Viktoria, Veronica Pivetti en travesti
Da martedì a venerdì al teatro Nuovo l’adattamento del film di Schunzel Nella Berlino degli anni Trenta una donna si finge uomo per sopravvivere
«Non è solo uno spettacolo, ma un inno contro i pregiudizi». È il Viktor und Viktoria di Veronica Pivetti e andrà in scena martedì alle 21 al teatro Nuovo, con repliche mercoledì, giovedì e venerdì alla stessa ora. Accanto a lei, Giorgio Borghetti, Yari Gigliuccio, Sergio Mancinelli, Roberta Cartocci e Nicola Sorrenti con la regia di Emanuele Gamba. Biglietti da 13,50 euro, www.teatronuovoverona.it.
Pivetti, come vi ha accolto finora il pubblico?
«Siamo al terzo anno di tournée, direi bene. Ha unito il pubblico di tutta Italia, perché si trattano argomenti importanti, ma cantando, ballando e soprattutto ridendo. Per me, ogni volta è una scarica di adrenalina, perché è uno spettacolo frenetico».
Quanto c’è del film di Blake Edwards del 1982, con Julie Andrews?
«Nulla, anzi, solo la base. Il film è tratto da una vecchia pellicola del 1933 diretta da Reinhold Schunzel e anche noi ci rifacciamo a quella. Se il film era ambientato a Parigi, ad esempio, noi lo riportiamo a Berlino, negli Anni Trenta».
Un periodo storico simile al nostro?
«Molto più di quel che si pensi, perché sono anni di grande crisi e difficoltà economica, tanto che la protagonista non riesce a sbarcare il lunario. La Repubblica di Weimer ha vissuto di profondi contrasti: accanto alla libertà di espressione e di costumi, inizia a stagliarsi la minaccia del nazismo, quindi di intolleranza verso il diverso. In scena c’è un personaggio prestato dal presente: è il filo conduttore tra quel passato e il giorno d’oggi».
Il tema del gender è molto attuale.
«Interpreto una donna che si finge uomo che si finge donna: non a caso quello di Susanne Weber è diventato uno dei ruoli più famosi en travesti. Situazione che a sua volta rimanda alla fatica di
una donna per riuscire ad affermarsi. Dal punto di vista attoriale, la cosa più difficile da fare è stata cambiarsi d’abito velocemente dietro le quinte: non pensavo di farcela».
Cambi di sesso e di identità, intrecci sentimentali e colpi di scena: chi vince?
«Dopo essere stata sui palcoscenici di tutto il mondo, Susanne torna a Berlino dove fa un incontro fatale con il conte Frederich Von Stein. Lui dà un messaggio potentissimo: non è importante il sesso a cui si appartiene, quando sono i sentimenti a prevalere. L’amore non ha limiti: vince».
Un messaggio da incorniciare, soprattutto durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
«I femminicidi sono una tragedia mondiale. Finita la tournée registrerò la mia terza stagione di “Amore criminale”. Ogni volta che arrivano le storie in redazione, io sono incredula di fronte a tanta ferocia ed efferatezza e in studio continuo a esserlo nonostante conosca già quelle storie. È un argomento di cui tutti dobbiamo occuparci: donne, uomini e bambini, indistintamente».
Teatro e tv. C’è altro nella sua agenda?
«La settimana scorsa è uscito il mio primo romanzo, Per
sole donne edito da Mondadori. Io ho 54 anni e in queste pagine racconto la generazione delle cinquantenni facendo anche riferimenti hard. Mi andava di essere libera di scrivere e di scegliere le parole. E così ho fatto: è un romanzo erotico comico. Quando finirà la tournée, troverò anche il tempo di presentarlo».