Acqua alta a Venezia, piano per un nuovo porto Navi dirottate a Trieste
Secondo week end di blocco, le navi restano fuori dalla Laguna. «E con il Mose andrà peggio» Il presidente del Porto Musolino rilancia l’idea di una banchina «off shore» a ridosso della costa
La notte dell’acqua granda il porto è stato chiuso dalle undici della sera alle quattro di mattina. C’era l’acqua alta eccezionale ma anche il forte vento che metteva a rischio la navigazione delle navi commerciali. Il weekend successivo le crociere sono state dirottate a Trieste, così come ieri quando tre navi (due Msc e una Costa) hanno cambiato porto per l’acqua alta (oggi sono previsti 140 centimetri alle 8.50) e «per il rispetto della città».
Le simulazioni del Consorzio Venezia Nuova poi, lanciano l’allarme: il Mose si sarebbe alzato undici volte chiudendo la laguna per sessanta ore, fermando l’accesso delle navi. Perché la conca di navigazione pensata per garantire l’accessibilità con le dighe alzate, dalla bocca di porto di Malamocco, non è stata ancora collaudata e le dimensioni sono troppo piccole: «Ci possono passare navi fino a 280 metri mentre oggi entrano portacontainer di 330», sottolinea il presidente dell’Autorità portuale Pino Musolino. Modificarla? Se qualcuno ci mette i soldi, ma non sembra essere all’ordine del giorno. «Dobbiamo creare tutte le condizioni perché il sistema funzioni, ma in questo momento la priorità è finire il Mose», sottolinea il provveditore alle Opere pubbliche del Triveneto reggente Cinzia Zincone. Ma dal prossimo inverno il Mose dovrebbe cominciare a funzionare, alzandosi per difendere la città dalle acque alte sopra i 110 centimetri. Non è un caso che da due anni l’Autorità portuale stia lavorando a un modello di previsione e gestione delle interferenze (dighe alzate) che cerchi di limitare l’impatto (e i disagi) sull’attività portuale.
Ma la vera sfida è quella di bypassare completamente il problema. Per questo è allo studio la realizzazione di un terminal off shore in mare. Nulla a che vedere con il progetto faraonico su cui puntava l’ex presidente Paolo Costa a quindici chilometri dalla costa con navi speciali che portavano le merci a Porto Marghera limitando la rottura di carico. «Con i mari e venti quest’anno sarebbe rimasto chiuso 145 giorni», dice Musolino che invece punta a quello che ha definito «banchina alti fondali». Un terminal cioè fuori dalla laguna, ma più vicino alla costa. «Gli effetti dei cambiamenti climatici sono evidenti e la situazione nei prossimi anni non migliorerà. Dobbiamo abituarci a tutto questo», la premessa del presidente del Porto. La conseguenza è inevitabile: se non si vuole la morte dello scalo veneziano serve una soluzione strutturale. L’autorità sta studiando la soluzione alla bocca di porto di Malamocco, utilizzando la piastra realizzata per il Mose su cui però il Provveditore uscente alle Opere pubbliche del Trivento Roberto Linetti aveva posto un veto in quanto l’opera doveva essere provvisoria e a servizio solo dei cantieri. Un’altra ipotesi è Chioggia, anche perché c’è già un progetto (Vgate), su cui è in corso la valutazione di impatto ambientale, presentato da una società guidata dal presidente di Assoagenti Alessandro Santi. Il piano prevede una piattaforma a 2,3 chilometri dalla foce del Brenta e collegata a terra con un ponte stradale e ferroviario (Vgate è pronta a investire più di un miliardo), ma non mancano le perplessità soprattutto legate alla mancanza di infrastrutture e agli impatti rilevanti. «Ma ci sono anche altre soluzioni — precisa Musolino — ci sono molti esempi in Europa di porti a 20 o 40 chilometri dalla città. Quel che è certo è che dobbiamo avere una visione a lungo periodo per bypassare le acque alte che diventeranno sistemiche ed endemiche». Anche perché gli ambientalisti continuano a dare la colpa delle maree eccezionali ai canali scavati in laguna in questi anni, a partire dal canale dei Petroli che percorrono le portacontainer. «O salviamo l’economia o salviamo Venezia — riassume Gianfranco Bettin — Il problema di sprofondamento del fondale alle bocche di porto rende urgente riprendere il tema del porto off shore commerciale». E l’ultima settimana ha riproposto il problema: navi container o passeggeri poco importa, oggi, entrare in laguna è sempre più difficile.
Musolino Serve una visione a lungo periodo per superare le acque alte che diventeranno sistemiche
Bettin
O salviamo l’economia o salviamo Venezia. È urgente riprendere il tema del porto off shore