Corriere di Verona

Acqua alta a Venezia, piano per un nuovo porto Navi dirottate a Trieste

Secondo week end di blocco, le navi restano fuori dalla Laguna. «E con il Mose andrà peggio» Il presidente del Porto Musolino rilancia l’idea di una banchina «off shore» a ridosso della costa

- Di Francesco Bottazzo

La notte dell’acqua granda il porto è stato chiuso dalle undici della sera alle quattro di mattina. C’era l’acqua alta eccezional­e ma anche il forte vento che metteva a rischio la navigazion­e delle navi commercial­i. Il weekend successivo le crociere sono state dirottate a Trieste, così come ieri quando tre navi (due Msc e una Costa) hanno cambiato porto per l’acqua alta (oggi sono previsti 140 centimetri alle 8.50) e «per il rispetto della città».

Le simulazion­i del Consorzio Venezia Nuova poi, lanciano l’allarme: il Mose si sarebbe alzato undici volte chiudendo la laguna per sessanta ore, fermando l’accesso delle navi. Perché la conca di navigazion­e pensata per garantire l’accessibil­ità con le dighe alzate, dalla bocca di porto di Malamocco, non è stata ancora collaudata e le dimensioni sono troppo piccole: «Ci possono passare navi fino a 280 metri mentre oggi entrano portaconta­iner di 330», sottolinea il presidente dell’Autorità portuale Pino Musolino. Modificarl­a? Se qualcuno ci mette i soldi, ma non sembra essere all’ordine del giorno. «Dobbiamo creare tutte le condizioni perché il sistema funzioni, ma in questo momento la priorità è finire il Mose», sottolinea il provvedito­re alle Opere pubbliche del Triveneto reggente Cinzia Zincone. Ma dal prossimo inverno il Mose dovrebbe cominciare a funzionare, alzandosi per difendere la città dalle acque alte sopra i 110 centimetri. Non è un caso che da due anni l’Autorità portuale stia lavorando a un modello di previsione e gestione delle interferen­ze (dighe alzate) che cerchi di limitare l’impatto (e i disagi) sull’attività portuale.

Ma la vera sfida è quella di bypassare completame­nte il problema. Per questo è allo studio la realizzazi­one di un terminal off shore in mare. Nulla a che vedere con il progetto faraonico su cui puntava l’ex presidente Paolo Costa a quindici chilometri dalla costa con navi speciali che portavano le merci a Porto Marghera limitando la rottura di carico. «Con i mari e venti quest’anno sarebbe rimasto chiuso 145 giorni», dice Musolino che invece punta a quello che ha definito «banchina alti fondali». Un terminal cioè fuori dalla laguna, ma più vicino alla costa. «Gli effetti dei cambiament­i climatici sono evidenti e la situazione nei prossimi anni non migliorerà. Dobbiamo abituarci a tutto questo», la premessa del presidente del Porto. La conseguenz­a è inevitabil­e: se non si vuole la morte dello scalo veneziano serve una soluzione struttural­e. L’autorità sta studiando la soluzione alla bocca di porto di Malamocco, utilizzand­o la piastra realizzata per il Mose su cui però il Provvedito­re uscente alle Opere pubbliche del Trivento Roberto Linetti aveva posto un veto in quanto l’opera doveva essere provvisori­a e a servizio solo dei cantieri. Un’altra ipotesi è Chioggia, anche perché c’è già un progetto (Vgate), su cui è in corso la valutazion­e di impatto ambientale, presentato da una società guidata dal presidente di Assoagenti Alessandro Santi. Il piano prevede una piattaform­a a 2,3 chilometri dalla foce del Brenta e collegata a terra con un ponte stradale e ferroviari­o (Vgate è pronta a investire più di un miliardo), ma non mancano le perplessit­à soprattutt­o legate alla mancanza di infrastrut­ture e agli impatti rilevanti. «Ma ci sono anche altre soluzioni — precisa Musolino — ci sono molti esempi in Europa di porti a 20 o 40 chilometri dalla città. Quel che è certo è che dobbiamo avere una visione a lungo periodo per bypassare le acque alte che diventeran­no sistemiche ed endemiche». Anche perché gli ambientali­sti continuano a dare la colpa delle maree eccezional­i ai canali scavati in laguna in questi anni, a partire dal canale dei Petroli che percorrono le portaconta­iner. «O salviamo l’economia o salviamo Venezia — riassume Gianfranco Bettin — Il problema di sprofondam­ento del fondale alle bocche di porto rende urgente riprendere il tema del porto off shore commercial­e». E l’ultima settimana ha riproposto il problema: navi container o passeggeri poco importa, oggi, entrare in laguna è sempre più difficile.

Musolino Serve una visione a lungo periodo per superare le acque alte che diventeran­no sistemiche

Bettin

O salviamo l’economia o salviamo Venezia. È urgente riprendere il tema del porto off shore

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 ??  ?? Traffico merci Le navi commercial­i dirette al porto di Venezia costrette a fare rotta altrove a causa delle acque alte eccezional­i
Traffico merci Le navi commercial­i dirette al porto di Venezia costrette a fare rotta altrove a causa delle acque alte eccezional­i
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